Quadro giuridico relativo alla libertà religiosa ed effettiva applicazione
Lo status costituzionale della libertà religiosa in Bangladesh risulta fortemente ambivalente. Da un lato, la Costituzione del 1972 (modificata nel 2014)[1] afferma che «fatte salve le disposizioni di legge, dell’ordine pubblico e della morale, ogni cittadino ha il diritto di professare, praticare o propagare qualsiasi religione» e che «ogni comunità o denominazione religiosa ha il diritto di istituire, mantenere e amministrare le proprie istituzioni religiose» (articolo 41, paragrafo 1, commi a e b). Dall’altro, lo stesso testo costituzionale stabilisce l’Islam come religione di Stato, pur riconoscendo esplicitamente la «laicità» come principio fondamentale.
In particolare, il preambolo e l’articolo 8 identificano la laicità come un ideale elevato e uno dei principi basilari della politica statale. L’articolo 12 — in passato sospeso, ma ripristinato nel giugno 2011 attraverso il quindicesimo emendamento — precisa che il principio di laicità implica l’eliminazione del settarismo, del favoritismo statale verso qualsiasi religione, dell’abuso della religione per fini politici e della discriminazione nei confronti di persone appartenenti a determinate fedi[2]. Al contempo, l’articolo 2 comma A stabilisce che «la religione di Stato della Repubblica è l’Islam», aggiungendo tuttavia che «lo Stato garantirà pari status e pari diritti nella pratica delle religioni indù, buddista, cristiana e delle altre religioni»[3].
Questa apparente contraddizione è stata confermata nel marzo 2016, quando, il giorno 28, l’Alta Corte (una sezione della Corte Suprema) ha mantenuto lo status dell’Islam come religione di Stato, rifiutando di esaminare il ricorso presentato da alcuni cittadini che chiedevano la rimozione di tale disposizione dalla Costituzione[4].
Nell’aprile 2024, l’Alta Corte ha nuovamente confermato la legittimità di tale norma costituzionale, dichiarando che essa non è in contrasto con i principi di laicità della nazione[5]. La Corte ha chiarito che il concetto di laicità, così come definito nell’ordinamento del Bangladesh, non implica l’esclusione della religione dalla sfera pubblica, ma piuttosto la tutela della libertà religiosa e la prevenzione di ogni forma di favoritismo istituzionale nei confronti di una specifica confessione.
La sentenza rispondeva a un ricorso depositato nel 1988 da quindici cittadini, i quali sostenevano che l’introduzione dell’Islam come religione di Stato, mediante emendamento costituzionale, fosse incompatibile con gli ideali laici alla base della fondazione del Bangladesh. Il ricorso è stato infine respinto per motivi procedurali, poiché i ricorrenti non erano ritenuti titolari di un interesse giuridicamente rilevante[6].
A differenza del Pakistan, il Bangladesh non dispone di una legislazione specifica sulla blasfemia. Tuttavia, il codice penale di epoca coloniale del 1860 (art. 298) punisce l’offesa intenzionale ai sentimenti religiosi[7]. Inoltre, nel 2006 il Paese ha adottato una Legge sulle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT Act), già inasprita nel 2013 sotto il governo del Primo Ministro Sheikh Hasina, che vieta la pubblicazione online di contenuti ritenuti lesivi dell’ordine pubblico o considerati diffamatori nei confronti delle religioni[8]. Tale normativa è stata utilizzata per perseguire penalmente giornalisti, studenti e docenti.
La Legge sulla Sicurezza Digitale (Digital Security Act, DSA), adottata nell’ottobre 2018[9], ha conferito alla polizia il potere di procedere ad arresti senza mandato[10]. Secondo un rapporto del Centro per gli Studi sulla Governance (Centre for Governance Studies - CGS), negli 11 mesi precedenti al febbraio 2022, una media mensile di 147 persone è stata denunciate e 67 arrestate in base alla DSA[11]. Le principali categorie colpite risultavano essere attivisti, giornalisti e altri critici del governo[12].
Nel 2023, il governo guidato dal Primo Ministro Sheikh Hasina ha abrogato la DSA, sostituendola con la Legge sulla Sicurezza Informatica (Cyber Security Act, CSA). Sebbene le autorità abbiano dichiarato che «di conseguenza, nessun operatore dei media sarà molestato dalla proposta di Legge sulla Sicurezza Informatica»[13], numerosi osservatori hanno sostenuto che la nuova normativa continuava a essere utilizzata per limitare la libertà di espressione[14].
Nel novembre 2024, il Segretario stampa del Consigliere capo, Shafiqul Alam, ha annunciato l’abrogazione della CSA, riconoscendo che la legge era stata effettivamente utilizzata per colpire esponenti delle comunità religiose minoritarie. In sua sostituzione, il governo ha presentato il nuovo Decreto sulla Protezione Informatica 2024 (Cyber Protection Ordinance), con l’obiettivo dichiarato di contrastare i crimini informatici tutelando al contempo la libertà di espressione[15]. Tuttavia, organizzazioni della società civile e gruppi per i diritti umani hanno continuato a esprimere preoccupazione, sostenendo che la bozza del decreto mantiene disposizioni restrittive che potrebbero ancora essere impiegate per reprimere il dissenso[16].
Il Bangladesh è parte del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR) [17].
Episodi rilevanti e sviluppi
Il Bangladesh si è separato dal Pakistan nel 1971 e, da allora, continua a confrontarsi con la questione della propria identità nazionale. Attualmente, il Paese attraversa una fase di ambiguità e tensione identitaria più marcata che in qualsiasi altro momento dalla sua indipendenza.
Sebbene l’Islam sunnita occupi un ruolo centrale nel senso di identità nazionale, molti cittadini bangladesi si dichiarano orgogliosi delle tradizioni di tolleranza e moderazione del Paese. Nel 1972, il Bangladesh ha adottato una Costituzione fondata su un’identità linguistica e laica. Tuttavia, nel 1988, un regime militare guidato dal tenente generale Hussein Muhammad Ershad ha modificato la Costituzione, proclamando l’Islam religione di Stato. Da allora, si sono sviluppati due movimenti contrapposti: uno orientato al rafforzamento del secolarismo e l’altro volto a promuovere l’islamizzazione della società e delle istituzioni.
Nel gennaio 2024, Sheikh Hasina, leader della Awami League, è divenuta Primo Ministro del Bangladesh per la quarta volta. Tale risultato è stato oggetto di contestazione da parte dell’opposizione, che ha denunciato irregolarità elettorali e il ricorso alla coercizione da parte del governo. Il 6 giugno 2024, all’indomani della decisione dell’Alta Corte di reintegrare il controverso sistema di quote occupazionali — che favorisce i discendenti dei combattenti della guerra d’indipendenza del 1971 — sono esplose proteste studentesche su vasta scala. Il 5 agosto 2024, Sheikh Hasina ha lasciato il Paese per rifugiarsi in India, mentre i manifestanti facevano irruzione nella sua residenza per chiederne le dimissioni. È stato così istituito un governo ad interim, che ha nominato Muhammad Yunus — Premio Nobel per la Pace e fondatore della Grameen Bank — come Consigliere capo (capo del governo transitorio) [18]. Interrogato in merito alla possibile convocazione di elezioni, Yunus ha dichiarato che, qualora «i partiti politici concordassero sullo svolgimento anticipato con riforme minime, come un elenco elettorale privo di errori, le elezioni potrebbero tenersi entro la fine del 2025»[19].
Nel periodo antecedente e successivo al rovesciamento della Awami League nel 2024, il conflitto tra secolaristi e islamisti è proseguito senza sosta, producendo effetti ambivalenti sulla libertà religiosa, tanto sul piano politico quanto su quello sociale. A partire dall’elezione della Awami League guidata da Sheikh Hasina nel 2009, il governo aveva cercato di limitare l’influenza islamista nella società e nelle istituzioni. In linea teorica, tali misure hanno contribuito ad accrescere la sicurezza delle minoranze religiose e a favorire uno spazio civico più aperto alla libertà di religione o credo. Tuttavia, anche le politiche di orientamento secolarista hanno comportato violazioni della libertà religiosa e di altre libertà civili. La loro applicazione rigida ha acuito la polarizzazione politica e sociale, innescando una reazione islamista via via più intensa. Un esempio significativo è rappresentato dalla decisione del governo di perseguire i leader islamisti per crimini di guerra, misura criticata da osservatori internazionali per l’insufficiente garanzia dei diritti della difesa e che ha suscitato una forte ostilità interna tra i conservatori religiosi e gli oppositori della Awami League[20].
Dopo la fuga di Sheikh Hasina in India, in reazione alle precedenti politiche adottate dalla Awami League, gruppi militanti islamisti hanno lanciato una violenta campagna contro blogger secolaristi, attivisti per i diritti umani e minoranze religiose. Queste ultime — in particolare le comunità indù e cristiana — sono state accusate di aver sostenuto la Awami League e sono divenute oggetto di attacchi mirati. Durante le proteste dell’agosto 2024, quindici templi indù sono stati vandalizzati, saccheggiati e incendiati in 45 distretti del Paese. Anche gli uffici dell’organizzazione cattolica Caritas Bangladesh, situati nel sud-ovest del Paese, sono stati attaccati[21]. Sebbene il governo ad interim abbia negato qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle minoranze religiose[22], diversi indicatori segnalano un incremento delle violazioni della libertà religiosa.
Nel marzo 2023, la 98ª Convenzione annuale della Comunità musulmana Ahmadiyya, tenutasi ad Ahmednagar, nel distretto di Panchagarh, è stata presa di mira da un attacco perpetrato dal gruppo islamista radicale Majlis-e Tahaffuz-e-Khatm-e-Nobuwat Bangladesh — già noto per precedenti aggressioni contro la minoranza Ahmadiyya. La folla ha saccheggiato, vandalizzato e incendiato abitazioni, attività commerciali e una moschea appartenenti alla comunità, causando danni ingenti[23]. Jahid Hasan, un giovane Ahmadiyya di 25 anni, è stato picchiato a morte mentre tentava di difendere l’area. L’attacco ha provocato la distruzione di 189 abitazioni, 50 negozi e una clinica nel quartiere Darul Wahid Mohalla. Segnali di un’escalation erano già stati registrati il 2 marzo 2023, quando gruppi ostili avevano preso di mira abitazioni private e cimiteri della comunità. Le autorità locali sono state ampiamente criticate per la loro inattività, nonostante avessero precedentemente garantito misure di protezione. La polizia è intervenuta solo quando i disordini erano già in corso[24].
Il 4 novembre 2023, Selim Khan, un blogger ateo di 19 anni, è stato arrestato e gli è stata negata la libertà su cauzione. Nonostante il tribunale avesse concesso la cauzione nel marzo 2024, Khan è rimasto in custodia a causa di «ritardi procedurali»[25].
Il 16 luglio 2024, il governo ad interim ha ordinato la chiusura di scuole e università dopo la morte di sei studenti durante le proteste contro il sistema di assunzioni nel servizio civile[26].
Nel luglio 2024, il Consiglio per l'unità cristiana indù e buddista del Bangladesh (Bangladesh Hindu Buddhist Christian Unity Council - BHBCUC) ha pubblicato il suo rapporto annuale, documentando 1.045 episodi di violazioni dei diritti umani ai danni di minoranze religiose ed etniche tra luglio 2023 e giugno 2024, con un bilancio di 45 vittime. Il Consiglio ha sottolineato l’urgenza di adottare misure efficaci per la tutela dei diritti delle minoranze, garantire il perseguimento penale dei responsabili e rafforzare gli sforzi volti a promuovere l’armonia sociale e la pacifica convivenza[27].
Il 5 agosto 2024, la comunità ahmadiyya di Ahmednagar è stata nuovamente presa di mira: gli uomini sono stati picchiati, le abitazioni saccheggiate e 117 case sono state incendiate. Episodi simili sono stati segnalati nello stesso mese anche in altre località a presenza ahmadiyya, tra cui Rangpur, Rajshahi, Nipharmari, Shahpur e Dhaka[28].
Il 28 agosto 2024, il governo ad interim ha ufficialmente revocato il divieto imposto al partito politico islamista Jamaat-e-Islami e alla sua ala studentesca, Islami Chhatra Shibir. Secondo quanto dichiarato dal Ministero degli Affari Interni, la decisione è stata motivata dall’assenza di prove che colleghino i due gruppi ad attività terroristiche. Invocando la Sezione 18 della Legge antiterrorismo (Anti-Terrorism Act - ATA) del 2009 come base giuridica, il governo ha annullato il provvedimento emesso dalla precedente amministrazione guidata dalla Lega Awami, che il 1° agosto 2024 ne aveva decretato la messa al bando. La revoca è entrata in vigore immediatamente, segnando un cambio di rotta verso una maggiore inclusività politica e il ripristino di garanzie giuridiche[29].
L’Agosto 2024 ha segnato il settimo anniversario della fuga di circa 700.000 Rohingya dal Myanmar. Costretti a vivere in campi profughi sovraffollati, tali rifugiati non sono ancora nelle condizioni di fare ritorno nel proprio Paese, in assenza di garanzie concrete sulla loro sicurezza[30]. Nel 2024, i minori hanno rappresentato la metà delle oltre 7.000 persone Rohingya che hanno lasciato il Bangladesh e il Myanmar via mare, nella speranza di raggiungere la Malesia o l’Indonesia[31].
Il Bangladesh ha accolto quasi un milione di Rohingya — in maggioranza musulmani — fuggiti dal vicino Myanmar a partire dall’agosto 2017. Tuttavia, la situazione nei campi appare sempre più insostenibile, anche a causa della violenza perpetrata da militanti islamisti e bande criminali coinvolte nel traffico di droga e di esseri umani[32]. Nel marzo 2025, un rapporto ha documentato gravi violazioni dei diritti umani da parte di gruppi armati Rohingya attivi all’interno dei campi profughi. Il documento ha rilevato «motivi ragionevoli» per ritenere che tali atti — tra cui uccisioni, rapimenti, torture e minacce — possano configurarsi come crimini di guerra, in quanto legati al reclutamento per il conflitto armato in corso in Myanmar[33].
Anche i gruppi etnici cristiani locali hanno espresso crescente preoccupazione per la propria sicurezza, a fronte dell’aumento delle violenze nelle Colline di Chittagong (Chittagong Hill Tracts - CHT). L’instabilità dell’area è attribuita all’afflusso, sponsorizzato dallo Stato, di coloni bengalesi musulmani privi di terra e alla proliferazione di gruppi ribelli armati. Numerosi attacchi incendiari e l’uccisione, nell’ultimo anno, di circa 23 membri di minoranze etniche hanno alimentato timori sul futuro della regione. «Siamo noi gli abitanti originari, ma oggi non abbiamo alcuna sicurezza, né a casa né fuori» ha dichiarato un residente cattolico. «Spesso non sappiamo chi uccide chi, né quando né perché. I CHT sono diventati un luogo instabile e pericoloso»[34].
Nel settembre 2024, sempre nelle Colline di Chittagong, un’operazione di contrasto all’insurrezione ha messo sotto pressione la comunità Bawm, a maggioranza cristiana. Già all’inizio dell’anno, le autorità avevano imposto ai membri della comunità l’obbligo di portare con sé documenti di identificazione ogniqualvolta uscissero dalle proprie abitazioni. Le forze di sicurezza hanno inoltre lanciato un’offensiva contro il Kuki-Chin National Front (KNF), un gruppo che mira a creare uno Stato autonomo per il popolo Bawm ed è ampiamente considerato un difensore dei diritti delle popolazioni tribali dell’area. In seguito al rafforzamento delle misure di sicurezza contro il KNF, sedici persone sono rimaste uccise. Secondo fonti locali, sono stati effettuati arresti non collegati direttamente all’insurrezione: oltre 140 membri della comunità Bawm sarebbero stati arrestati dalle forze governative[35].
La crescente influenza di gruppi islamisti come Jamaat-e-Islami ha contribuito ad alimentare un clima di ostilità nei confronti dei cristiani, i quali subiscono discriminazioni sul posto di lavoro e ritardi sistematici nell’approvazione dei permessi per la costruzione di luoghi di culto. Diverse scuole cattoliche sono state oggetto di atti vandalici e incendi dolosi e hanno subito pressioni per l’introduzione di codici di abbigliamento islamici e la sostituzione degli amministratori cristiani[36].
Nell’ottobre 2024, diciotto cittadini indù sono stati incriminati per sedizione a seguito di una manifestazione organizzata a Chattogram (ex Chittagong) con l’obiettivo di chiedere l’istituzione di un ministero per le minoranze. Chinmony Krishna Das Brahmachari, monaco indù ed ex leader religioso dell’ISKCON (Società Internazionale per la Coscienza di Krishna), è stato arrestato il mese successivo con la medesima accusa, per aver partecipato alla manifestazione. Il procedimento penale è stato avviato ai sensi del Codice penale del 1860[37].
Nell’ottobre 2024, un santuario sufi Dewanbagh a Narayanganj è stato incendiato, causando il ferimento di quattro persone. Episodi simili si erano già verificati nell’agosto dello stesso anno, quando un altro santuario sufi a Sonargaon era stato attaccato e dato alle fiamme[38].
Nel gennaio 2025, il Consiglio per l’unità cristiana indù e buddista del Bangladesh (BHBCUC) ha accusato il governo ad interim guidato da Muhammad Yunus di non essere riuscito a garantire la protezione delle minoranze religiose ed etniche da episodi di violenza e intimidazione. Secondo quanto riportato dall’organizzazione, tra il 21 agosto e il 31 dicembre 2024 si sarebbero verificati 174 episodi, che hanno causato 23 morti e nove casi di stupro all’interno delle comunità minoritarie, oltre a numerosi atti di vandalismo, incendi dolosi e saccheggi. Il governo ha contestato tali affermazioni, attribuendo gli episodi a motivazioni di natura politica, piuttosto che a tensioni di carattere religioso o etnico[39].
Nello stesso mese, il Vescovo ausiliare di Dhaka, monsignor Subroto Boniface Gomes, ha definito «buoni» i rapporti tra la Chiesa cattolica e il nuovo governo ad interim. Tuttavia, ha sottolineato l’importanza di garantire la rappresentanza dei cristiani — indipendentemente dalla denominazione di appartenenza — all’interno delle sei commissioni di riforma recentemente istituite, incaricate di esaminare settori chiave quali il sistema elettorale, la magistratura, la polizia, la lotta alla corruzione, l’amministrazione pubblica e la Costituzione[40].
Prospettive per la libertà religiosa
L’instabilità sociale e politica che continua a caratterizzare il Bangladesh ostacola la costruzione di una base solida per la tutela della libertà religiosa. Se da un lato il precedente governo della Lega Awami, di orientamento laico, aveva imposto restrizioni ai diritti umani, inclusa la libertà religiosa, dall’altro lato sono emerse crescenti preoccupazioni circa la possibilità che l’attuale governo ad interim, guidato dal Capo consigliere Muhammad Yunus, favorisca un rafforzamento dell’influenza islamista. In tal senso, la decisione di revocare il divieto imposto al partito Jamaat-e-Islami e alla sua ala studentesca, l’Islami Chhatra Shibir, appare indicativa della direzione intrapresa. Resta da valutare quale sarà l’approccio del nuovo esecutivo rispetto a tali dinamiche in vista delle prossime elezioni.
Nel frattempo, le comunità minoritarie continuano a reclamare una maggiore inclusione nei processi decisionali. La situazione dei Rohingya rimane irrisolta: essi vivono tuttora in campi profughi sovraffollati, in condizioni precarie, ed esposti a molteplici forme di violenza. Alla luce di questi sviluppi, le prospettive per la libertà religiosa in Bangladesh appaiono fortemente negative.
Fonti