Quadro giuridico relativo alla libertà religiosa ed effettiva applicazione
L’articolo 36 della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese del 1982 (modificata nel 2018) afferma che «i cittadini della Repubblica Popolare Cinese godono della libertà di credo religioso. Nessun organo statale, organizzazione pubblica o individuo può costringere i cittadini a credere o a non credere in alcuna religione, né può discriminare i cittadini in base alla loro fede o mancanza di essa». Lo stesso articolo dichiara che lo Stato tutela le «attività religiose normali». Tuttavia, senza fornire alcuna definizione di “normali”, la norma vieta l’uso della religione per attività che «perturbano l’ordine pubblico, danneggiano la salute dei cittadini o interferiscono con il sistema educativo dello Stato». Inoltre, stabilisce che le organizzazioni e le attività religiose non devono essere «soggette ad alcuna dominazione straniera»[1].
Nella prassi, l’articolo 36 tutela esclusivamente le attività delle cinque religioni ufficialmente riconosciute — Buddismo, Taoismo, Islam, Protestantesimo e Cattolicesimo — e unicamente se svolte attraverso le associazioni “patriottiche” controllate dallo Stato. Ogni espressione o pratica religiosa al di fuori di tale apparato istituzionale è considerata illegale e, nel corso degli ultimi 75 anni, è stata soggetta, in misura variabile, a punizioni, repressioni e persecuzioni, sebbene in alcuni casi abbia incontrato forme di tolleranza da parte delle autorità locali.
Il 1° febbraio 2018 sono entrati in vigore i Regolamenti rivisti sugli Affari Religiosi, che rappresentano uno dei quadri normativi più restrittivi in materia di libertà religiosa. Tali regolamenti aggiornano quelli del 2005 e limitano le attività religiose collettive esclusivamente ai luoghi ufficialmente registrati. Secondo Christian Solidarity Worldwide (CSW), tali norme «rafforzano ulteriormente il controllo sulle attività religiose». Esse prevedono che «i gruppi religiosi, le scuole religiose, i luoghi di attività religiose e gli affari religiosi non devono essere controllati da forze straniere» e stabiliscono che la religione non debba mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Le disposizioni impongono inoltre restrizioni ulteriori alla diffusione di contenuti religiosi, alla gestione delle scuole religiose e alle attività caritative[2].
Dal marzo 2018, la gestione degli affari religiosi è passata sotto il controllo del Dipartimento del Fronte Unito, un’agenzia del Partito Comunista Cinese, che ha assorbito le funzioni dell’ex Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi (SARA). L’integrazione della SARA ha consolidato il controllo diretto del Partito Comunista sulla governance religiosa nel Paese[3].
Nel mese di aprile 2018, il governo cinese ha pubblicato un nuovo Libro Bianco intitolato “Le politiche e le pratiche della Cina per la protezione della libertà di credo religioso”. Secondo questo documento ufficiale, lo Stato intende fornire una «guida attiva» alle organizzazioni religiose affinché possano «adattarsi alla società socialista», mentre i cittadini stranieri potranno svolgere attività religiose — frequentate esclusivamente da stranieri — solo in luoghi approvati dai dipartimenti per gli affari religiosi a livello di contea o superiore[4]. Il testo afferma inoltre che gli insegnamenti e le regole religiose devono essere interpretati «in conformità con le condizioni nazionali e le esigenze del tempo», una formulazione che, nella pratica, implica l’obbligo per le religioni di servire gli interessi del Partito Comunista.
I membri del Partito Comunista Cinese (PCC) e delle forze armate sono tenuti all’ateismo e non possono partecipare ad alcuna forma di pratica religiosa. Dall’entrata in vigore dei Regolamenti rivisti sugli Affari Religiosi nel 2018, diverse province — in particolare Henan e Xinjiang — hanno introdotto politiche che vietano ai minori di 18 anni di frequentare funzioni religiose, partecipare a programmi di istruzione religiosa o accedere a luoghi di culto[5]. In data 8 aprile 2018, una circolare emessa nella provincia di Henan dalla Patriotic Association e dalla Commissione per gli Affari della Chiesa ha esplicitamente vietato ai minori di entrare nelle chiese o di partecipare ad attività religiose, comprese conferenze e campi estivi[6]. In concreto, questa misura si è tradotta nell’affissione di cartelli che ne vietano l’ingresso ai minori e nella presenza di funzionari incaricati di controllare gli accessi, suscitando gravi preoccupazioni in merito alla trasmissione intergenerazionale della fede e all’erosione della libertà religiosa.
Le chiese sono sottoposte al controllo delle associazioni religiose ufficialmente riconosciute dallo Stato e il clero è soggetto a pressioni per rispettare tali restrizioni, con il rischio di incorrere in sanzioni in caso di inosservanza. In risposta, alcuni leader religiosi hanno trasferito l’insegnamento della fede all’ambito familiare[7]. Fonti locali segnalano tuttavia che l’applicazione di queste misure risulta disomogenea, variando sensibilmente tra le diverse province e, talvolta, anche all’interno della stessa regione.
Secondo quanto riportato dall’ex Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi (SARA), sei istituti religiosi operano a livello nazionale[8].
La libertà di religione o credo è anche toccata dall’articolo 27 della Legge cinese sulla Sicurezza Nazionale. Tale normativa è stata criticata dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani per il suo «ambito straordinariamente ampio» e per la terminologia volutamente vaga, che — secondo le osservazioni del Commissario — lascia «la porta spalancata a ulteriori restrizioni dei diritti e delle libertà dei cittadini cinesi e a un controllo ancora più stringente sulla società civile»[9].
Altre normative che possono incidere sulla libertà di religione o di credo includono il Documento n. 9, una comunicazione dell’Ufficio generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC) risalente all’aprile 2013, e una nuova legge sulle organizzazioni non governative (ONG) straniere, adottata nel 2016. Il Documento n. 9, intitolato Comunicato sullo stato attuale della sfera ideologica, presenta i valori occidentali, la democrazia costituzionale e i media liberi in stile occidentale come elementi in conflitto con i principi del PCC, e afferma che le petizioni e le lettere a sostegno dei diritti umani sarebbero opera di «forze anti-Cina occidentali»[10].
La legge sulle ONG straniere, entrata in vigore nel gennaio 2017, conferisce alla polizia poteri senza precedenti per limitare le attività dei gruppi stranieri nel Paese e ostacolare la capacità delle organizzazioni locali di ricevere finanziamenti esteri o collaborare con partner stranieri. Le ONG devono disporre di un ente governativo cinese come sponsor e registrarsi presso il Ministero della Sicurezza Pubblica (MPS) o i suoi equivalenti a livello provinciale prima di aprire una sede nella Cina continentale. La polizia è autorizzata a convocare arbitrariamente rappresentanti di organizzazioni straniere, sequestrare documenti, ispezionare conti bancari e revocare la registrazione. Stranieri o gruppi stranieri sospettati di attività volte a «dividere il Paese, minare la riunificazione nazionale o sovvertire il potere statale» possono essere detenuti, trattenuti o espulsi[11].
Nell’aprile 2016, durante una riunione sulla religione con i massimi funzionari del PCC, il presidente Xi Jinping ha dichiarato che «i gruppi religiosi […] devono aderire alla guida del Partito Comunista Cinese». I membri del Partito, ha affermato, devono essere «inflessibili atei marxisti» che «resistano con determinazione alle infiltrazioni straniere tramite la religione»[12]. Tali affermazioni si collocano in continuità con quanto dichiarato nel 2014 dal direttore dell’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi, il quale, nel corso di un seminario sulla sinizzazione del Cristianesimo, aveva sostenuto che la teologia cristiana cinese doveva essere compatibile con il percorso socialista del Paese[13]. Il quadro normativo promosso dal governo riflette chiaramente tale obiettivo.
Nel settembre 2018, la Santa Sede ha raggiunto un accordo preliminare con il governo cinese sulla nomina dei vescovi, con validità biennale. In quanto accordo provvisorio e non trattato formale, il testo non è stato reso pubblico, ma si ritiene che esso conferisca al governo cinese il diritto di proporre i candidati episcopali, i quali possono essere successivamente approvati o respinti dalla Santa Sede. L’intesa è stata rinnovata nel settembre 2020, nell’ottobre 2022[14] e, più recentemente, nell’ottobre 2024, quest’ultima volta per un periodo di quattro anni[15].
Il 24 novembre 2022, il governo cinese ha violato l’accordo nominando un vescovo — già segretamente nominato e ordinato da Papa Francesco nel 2014 — in una diocesi non riconosciuta dalla Santa Sede, senza previa consultazione o approvazione del Vaticano[16]. In una dichiarazione ufficiale, la Santa Sede ha espresso «sorpresa e rammarico» per l’insediamento episcopale, giudicato «incoerente sia con lo spirito sia con le disposizioni dell’Accordo Provvisorio sulla nomina dei vescovi tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese». Il Vaticano ha inoltre segnalato che il riconoscimento civile del vescovo Peng era avvenuto in seguito a «pressioni prolungate e intense da parte delle autorità locali»[17]. Una seconda violazione dell’accordo si è verificata nell’aprile 2023, quando il governo cinese ha trasferito un vescovo alla diocesi di Shanghai e lo ha insediato senza approvazione pontificia. Papa Francesco ha in seguito ratificato tale nomina[18].
Il 1° maggio 2021 sono entrate in vigore le Misure per la gestione del clero religioso, emanate dall’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi il 9 febbraio. Queste Misure si inseriscono in una serie di nuovi regolamenti che integrano il Regolamento sugli affari religiosi, già revisionato nel 2018. Esse rafforzano il controllo statale e la sorveglianza sul clero appartenente ai cinque gruppi religiosi riconosciuti dal governo cinese — l’Associazione Buddista della Cina, l’Associazione Taoista Cinese, l’Associazione Islamica della Cina, il Movimento Patriottico Protestante delle Tre Autonomie e l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese — e prevedono sanzioni per i membri del clero che violano le politiche statali. Le misure ribadiscono inoltre il divieto di qualsiasi attività religiosa da parte di esponenti religiosi indipendenti che non appartengano ai cinque gruppi approvati[19]. Esse richiedono anche che le organizzazioni religiose elaborino un codice di condotta per il clero, comprensivo di un sistema di valutazione e di un meccanismo di premi e punizioni[20].
Il 1° marzo 2022 sono entrate in vigore le Misure per l’amministrazione dei servizi d’informazione religiosa su Internet[21]. Tali disposizioni vietano la diffusione di contenuti religiosi online senza uno «speciale permesso» (la cosiddetta Licenza per il Servizio d’Informazione Religiosa su Internet), compresa la condivisione tramite messaggi di testo, immagini, audio o video. Le Misure proibiscono inoltre la pubblicazione di contenuti che «inducono i minori a credere nella religione»[22]. L’applicazione di queste norme ha comportato la chiusura di gruppi religiosi su WeChat e ha incentivato una severa autocensura. Esse vietano anche la trasmissione in diretta di eventi religiosi e prevedono la rimozione di video religiosi dalla rete[23].
Il 1° giugno 2022 sono entrate in vigore le Misure per la gestione finanziaria dei luoghi di attività religiosa, che affidano di fatto al Dipartimento del Fronte Unito e al Ministero delle Finanze il controllo sulle finanze dei siti religiosi appartenenti ai gruppi approvati dallo Stato, regolamentando l’uso delle donazioni e delle offerte[24].
Nel luglio 2023 sono state adottate le Misure per l’amministrazione dei luoghi di attività religiosa, che stabiliscono l’obbligo di autorizzazione ufficiale per qualsiasi edificio destinato al culto. Tali edifici non possono essere utilizzati per attività che «minacciano la sicurezza nazionale, disturbano l’ordine sociale [o] danneggiano gli interessi nazionali»[25].
Il 24 ottobre 2023, il Congresso Nazionale del Popolo ha approvato la Legge sull’educazione patriottica, il cui articolo 22 prevede che «lo Stato incoraggia e sostiene i gruppi religiosi, le scuole religiose e i luoghi di attività religiosa a svolgere attività di educazione al patriottismo», con l’obiettivo di rafforzare «i sentimenti patriottici del clero religioso e dei credenti» e di guidare le religioni ad «adattarsi alla società socialista». Questa legge si inserisce in una più ampia campagna di sinizzazione e rappresenta un ulteriore strumento per promuovere il patriottismo — già integrato in ogni sfera della società — contribuendo a un nazionalismo sempre più intollerante nei confronti della libertà di pensiero, coscienza, religione o credo[26].
Nel febbraio 2024 sono entrati in vigore gli emendamenti al Regolamento sugli Affari Religiosi della Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, i quali stabiliscono che tutti i nuovi luoghi di culto, così come quelli sottoposti a ristrutturazione, debbano riflettere le «caratteristiche e lo stile cinesi». I regolamenti prevedono inoltre che qualsiasi modifica strutturale o funzionale delle moschee debba ricevere l’approvazione preventiva delle autorità della Regione Autonoma dello Xinjiang[27]. Tale requisito viene applicato in modo uniforme su tutto il territorio cinese. L’articolo 50 delle Misure Amministrative per i Luoghi di Attività Religiosa stabilisce infatti che tutti i luoghi di culto debbano esprimere un’estetica chiaramente cinese, integrando elementi della cultura nazionale nella progettazione architettonica, nella scultura, nella pittura, nell’arredamento interno e in ogni altro aspetto visivo[28].
Nel marzo 2024, Hong Kong ha adottato una nuova legge locale sulla sicurezza, denominata Ordinanza per la Salvaguardia della Sicurezza Nazionale, che si aggiunge alla legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nel 2020. Sebbene la nuova normativa, fondata sull’articolo 23 della Legge Fondamentale di Hong Kong, non menzioni esplicitamente l’attività religiosa, le sue implicazioni investono l’intera società, compresi i credenti, e rappresentano una potenziale minaccia alla libertà di religione o di credo, come verrà illustrato più avanti nel presente profilo Paese[29].
Episodi rilevanti e sviluppi
Nel periodo in esame, tutte le minoranze religiose hanno subito restrizioni significative. La Commissione degli Stati Uniti per la Libertà Religiosa Internazionale (USCIRF) ha denunciato un peggioramento delle condizioni della libertà religiosa in Cina, attribuito all’intensificazione della politica di «sinizzazione della religione» promossa dal governo. Come spiegato dal sociologo Richard Madsen, l’attuale formulazione della «sinizzazione dall’alto» ha origine nella visione del presidente Xi Jinping, il quale, in vari discorsi ufficiali, ha sostenuto che tutte le religioni — e più in generale l’intera cultura cinese — debbano contribuire allo sviluppo nazionale, allinearsi ai valori culturali tradizionali e integrarsi in una società socialista con caratteristiche cinesi. In pratica, tale processo implica una rigorosa subordinazione dell’espressione religiosa e culturale alle direttive ideologiche del Partito Comunista Cinese[30].
Secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, «le autorità hanno continuato ad arrestare e detenere leader e membri di gruppi religiosi, spesso appartenenti a organizzazioni non registrate presso le associazioni religiose ufficialmente riconosciute dallo Stato. Le autorità avrebbero utilizzato accuse vaghe o pretestuose, talvolta legate ad attività religiose, per condannare i membri dei gruppi a pene detentive prolungate»[31].
Le autorità hanno inoltre impiegato tecnologie di sorveglianza avanzate nei pressi dei luoghi di culto, ricorrendo anche a repressione transnazionale, campagne di disinformazione, atti di violenza contro minoranze religiose ed etniche appartenenti alla diaspora (anche in occasione della visita del presidente Xi a San Francisco[32] nel 2023), nonché a minacce nei confronti dei familiari rimasti in Cina[33].
Come ha affermato il Consiglio per le Relazioni Estere, «la Cina ospita una delle più grandi popolazioni di prigionieri religiosi al mondo»[34]. L’ONG per i diritti umani Dui Hua Foundation, il cui Database dei Prigionieri Politici rappresenta una delle raccolte più ampie di dati sui prigionieri di coscienza in Cina, ha riferito che al 1° luglio 2025 le autorità detenevano 2.538 persone con l’accusa di «organizzazione o uso di un culto per minare l’applicazione della legge»[35].
Il genocidio della popolazione uigura, a maggioranza musulmana, prosegue ed è stato riconosciuto sia dall’Uyghur Tribunal indipendente — presieduto dall’avvocato britannico Sir Geoffrey Nice KC nel 2021[36] — sia dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti[37].
La campagna di sinizzazione e assimilazione forzata promossa dal Partito Comunista Cinese (PCC) nello Xinjiang e in Tibet è continuata[38]. Nel febbraio 2024 sono stati introdotti nuovi emendamenti al Regolamento sugli Affari Religiosi della Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, che hanno ulteriormente rafforzato le politiche di sinizzazione, mantenendo severe restrizioni alla libertà religiosa. Nel marzo successivo, Ma Xingrui, segretario del PCC nello Xinjiang, ha ribadito la necessità di «sinizzare l’Islam», definendola una «tendenza inevitabile»[39].
Nel giugno 2024, Human Rights Watch ha segnalato che il governo cinese aveva modificato i nomi di centinaia di villaggi uiguri nello Xinjiang, nel tentativo di cancellare il patrimonio culturale e religioso uiguro. Circa 630 villaggi sono stati interessati: denominazioni che richiamavano la religione, la storia o l’identità locale — come mazar (santuario) o Hoja (maestro sufi) — sono state sostituite con espressioni generiche o slogan del Partito quali «Felicità», «Unità» e «Armonia»[40].
Nell’agosto 2024, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha constatato l’assenza di progressi per le minoranze religiose nello Xinjiang, osservando che i musulmani uiguri continuano a essere incarcerati per pratiche religiose ordinarie, come le donazioni caritatevoli o l’insegnamento della religione[41]. Nel luglio precedente, il governo cinese aveva definito «illegale e nulla» la valutazione dell’Alto Commissario dell’ONU[42].
Pratiche religiose di base come il digiuno durante il Ramadan, il portare la barba lunga o, per le donne, l’uso del velo (hijab), l’astensione dal consumo di carne di maiale e alcol, la lettura del Corano o la preghiera possono comportare arresto e incarcerazione. Numerose moschee sono state chiuse o demolite, mentre quelle rimaste aperte sono sottoposte a una rigida sorveglianza e a controlli amministrativi costanti[43].
Anche la persecuzione della religione e della cultura in Tibet è proseguita. Nel febbraio 2023, esperti delle Nazioni Unite hanno denunciato l’assimilazione forzata di quasi un milione di bambini tibetani attraverso la frequenza obbligatoria di collegi statali, dove «sono costretti a seguire un curriculum di istruzione obbligatoria in cinese mandarino (Putonghua), senza accesso a contenuti tradizionali o culturalmente pertinenti… Di conseguenza, i bambini tibetani stanno perdendo la capacità di parlare la loro lingua madre e di comunicare con genitori e nonni, il che contribuisce alla loro assimilazione e all’erosione della loro identità». Gli esperti hanno espresso «allarme per quella che appare come una politica di assimilazione forzata dell’identità tibetana nella maggioranza Han, attraverso una serie di azioni repressive contro le istituzioni educative, religiose e linguistiche tibetane»[44].
La polizia ha arrestato e incarcerato buddisti tibetani per aver menzionato, in pubblico o in privato, il Dalai Lama. Le autorità hanno inoltre dichiarato l’intenzione di intervenire nel processo di successione del Dalai Lama e di punire i tibetani che si oppongono a tale ingerenza[45].
La persecuzione dei praticanti del Falun Gong è proseguita anche nel periodo di riferimento. Secondo la pubblicazione Minghui, affiliata al movimento, almeno 164 praticanti sono morti a causa delle persecuzioni nel 2024[46] e 764 sono stati incarcerati[47]. Fonti del Falun Gong hanno documentato nel 2023[48] un totale di 6.514 casi di molestie o arresti, 1.190 condanne e 209 decessi legati alle persecuzioni.
Nel marzo 2023, l’ Associazione forense della Città di New York (New York City Bar Association) ha pubblicato un rapporto in cui conclude che esistono «ampie prove che la Cina continui a praticare il prelievo forzato di organi da prigionieri di coscienza». Secondo il documento, tra i 60.000 e i 100.000 trapianti effettuati tra il 2000 e il 2014, le principali vittime sarebbero stati praticanti del Falun Gong[49]. Tali conclusioni confermano le risultanze del China Tribunal, organo indipendente che ha indagato sulla questione nel 2019[50].
Anche la Chiesa di Dio Onnipotente (CAG) ha continuato a subire persecuzioni, con migliaia di arresti tra i suoi membri[51], alcuni dei quali sarebbero morti a causa delle torture e dei maltrattamenti subiti[52].
Durante il periodo di riferimento, numerose comunità cristiane hanno continuato a essere oggetto di repressione. Secondo la Commissione degli Stati Uniti sulla Libertà Religiosa Internazionale (USCIRF), i cristiani protestanti appartenenti alle chiese domestiche (house churches) sono stati vittime di una persecuzione intensificata, poiché «il governo ha proseguito la sua repressione a livello nazionale contro le chiese domestiche, detenendo, arrestando e condannando i protestanti indipendenti con accuse penali e di sicurezza»[53].
Nel marzo 2023, ChinaAid ha riferito che le autorità avevano arrestato diversi membri della Chiesa dell’Abbondanza di Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, tra cui i pastori Lian Changnian e Lian Xuliang, e la predicatrice Fu Juan, sottoponendoli a torture. Anche altri due cristiani, noti come Fratello Wang e Fratello Jia, sarebbero stati torturati. Wang avrebbe subito pressioni per rinnegare la propria fede e denunciare i pastori. Un anno dopo, il 25 marzo 2024, la Chiesa dell’Abbondanza di Xi’an ha pubblicato una lettera di preghiera in cui aggiornava sul caso dei tre leader religiosi, accusati di «frode», reato che può comportare fino a cinque anni di reclusione[54].
Nell’aprile 2023, il pastore Wang Chanchun, della Bengbu Living Stone Reformed Church nella provincia dell’Anhui, è stato arrestato con l’accusa iniziale di «attività commerciali illegali», successivamente modificata in «frode». Anche la moglie del pastore e quattro collaboratori della Chiesa sono stati accusati dello stesso reato[55].
Nel luglio 2023, tre leader della Linfen Covenant House Church nella provincia settentrionale dello Shanxi — Li Jie, Han Xiaodong e Wang Qiang — sono stati processati con l’accusa di aver costituito una “cricca criminale” e di aver percepito “proventi illeciti”. Secondo Christian Solidarity Worldwide (CSW), Li e Han sono stati tenuti in isolamento e sottoposti a coercizione e maltrattamenti, inclusa la privazione del sonno, mentre altri membri della Chiesa sarebbero stati costretti a firmare dichiarazioni in cui affermavano di essere stati vittime di frode e si impegnavano a non frequentare più la comunità[56].
Nell’agosto 2023, al clero e ai fedeli cattolici della Cina continentale è stato impedito dal governo di recarsi in Mongolia per partecipare alla visita di Papa Francesco, mentre i leader cattolici di Hong Kong hanno potuto raggiungere Ulan Bator[57].
Nel settembre 2023, il sacerdote cattolico padre Joseph Yang Xiaoming è stato condannato con l’accusa di «usurpazione della funzione di personale religioso» e di «frode», dopo essersi rifiutato di registrarsi presso l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese (CCPA)[58]. Il tribunale gli ha imposto sanzioni amministrative, tra cui il divieto di esercitare il ministero sacerdotale[59].
Il 28 settembre 2023, la polizia ha fatto irruzione nella Beijing Zion Church, la più grande chiesa domestica della capitale, arrestando 31 persone, tra cui Huang Duojia e Li Mingjie, che sarebbero stati detenuti per oltre 100 ore[60].
Nel dicembre 2023, l’anziano Ding Zhongfu della chiesa domestica di Ganquan, nella provincia dell’Anhui, è stato arrestato con l’accusa di frode, insieme ad altri quattro membri di rilievo della comunità[61].
Secondo Aiuto alla Chiesa che Soffre, nel 2023 sono stati arrestati in Cina 20 membri del clero cattolico[62].
Nel gennaio 2024, è stato nuovamente arrestato il vescovo sotterraneo di Wenzhou, monsignor Peter Shao Zhumin[63], già detenuto più volte, incluso nel gennaio 2023[64]. È stato inoltre arrestato un’ulteriore volta nel marzo 2025 per aver celebrato una Messa in occasione del Giubileo della Chiesa, tenutasi nel dicembre 2024[65].
Sempre nel gennaio 2024, il pastore protestante Kan Xiaoyong è stato condannato a 14 anni di reclusione con l’accusa di «aver utilizzato un’organizzazione settaria per minare l’attuazione della legge» e per «attività economiche illegali»[66].
Ciononostante, alcune fonti hanno segnalato segnali di miglioramento per i cristiani in Cina, in particolare in seguito all’Accordo Provvisorio stipulato nel 2018 tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese. Nel novembre 2024, di ritorno da Singapore, Papa Francesco ha dichiarato che «i risultati sono buoni» e ha sottolineato progressi tangibili, soprattutto in merito alla nomina dei vescovi, attribuendoli a un dialogo pragmatico e alla volontà reciproca delle parti coinvolte.
Secondo Fides, agenzia stampa collegata al Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede, sebbene l’accordo abbia suscitato critiche, esso ha consentito la normalizzazione delle nomine episcopali e l’integrazione di vescovi precedentemente illeciti nella piena comunione con il Vaticano. Questo processo è stato interpretato come un possibile passo verso un miglioramento della governance ecclesiale e della libertà religiosa per la comunità cattolica cinese[67].
Contestualmente, con il proseguire della repressione dei diritti civili e politici a Hong Kong, sono aumentate le preoccupazioni circa le implicazioni per la libertà religiosa nel territorio.
Nel novembre 2023, l’organizzazione Hong Kong Watch ha pubblicato il primo rapporto dettagliato sulle minacce attuali e potenziali alla libertà di religione o di credo, intitolato «Vendere l’anima: le minacce imminenti alla libertà di religione o di credo a Hong Kong» (Sell Out My Soul: The Impending Threats to Freedom of Religion or Belief in Hong Kong)[68]. Nel gennaio 2024, anche il Comitato per la Libertà a Hong Kong ha diffuso un rapporto simile, dal titolo «Colpo di mano ostile: il PCC e le comunità religiose di Hong Kong» (Hostile Takeover: The CCP and Hong Kong’s Religious Communities)[69]. Entrambi i documenti evidenziano vari segnali d’allarme, tra cui l’autocensura dei leader religiosi durante le prediche, la sorveglianza dei luoghi di culto e le conseguenze per il sistema educativo, considerando che circa il 60 percento delle scuole finanziate dallo Stato a Hong Kong è gestito da organizzazioni religiose[70].
Nel 2024, l’adozione a Hong Kong della nuova legge locale sulla sicurezza, nota come Articolo 23 della Legge Fondamentale - o Ordinanza sulla Salvaguardia della Sicurezza Nazionale — in aggiunta alla draconiana Legge sulla Sicurezza Nazionale imposta da Pechino nel 2020, ha suscitato serie preoccupazioni in merito a possibili minacce alla riservatezza del Sacramento della Riconciliazione (Confessione) nella Chiesa cattolica.
A seguito dell’incapacità, o riluttanza, da parte di un funzionario governativo di garantire esplicitamente la protezione del sigillo confessionale, sedici esperti internazionali di libertà religiosa hanno diffuso una dichiarazione congiunta per esprimere la propria preoccupazione.
Tra i firmatari figurano: Nadine Maenza, presidente dell’International Religious Freedom Secretariat; Nina Shea, direttrice del Center for Religious Freedom presso l’Hudson Institute; David Trimble, presidente del Religious Freedom Institute; Mervyn Thomas, presidente dell’UK Freedom of Religion or Belief Forum; e George Weigel, Distinguished Senior Fellow e titolare della William E. Simon Chair in Catholic Studies presso l’Ethics and Public Policy Center, tra gli altri.
La dichiarazione recita: «In quanto individui e organizzazioni impegnati nella difesa dei valori dei diritti umani, dello stato di diritto e, in particolare, della libertà di religione o di credo, come sanciti dall’Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, esprimiamo la nostra profonda e grave preoccupazione per le implicazioni che la nuova legge sulla sicurezza nazionale proposta dal Governo della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong (HKSAR), nota come legislazione dell’“Articolo 23”, potrebbe avere sulla pratica della libertà di religione o di credo a Hong Kong. Siamo particolarmente allarmati dal fatto che, secondo quanto previsto dalla nuova legge, il reato di “mancata denuncia della commissione di tradimento da parte di altri” implicherebbe che una persona che venga a conoscenza del fatto che un’altra ha commesso “tradimento” e non lo denunci alle autorità entro un lasso di tempo ragionevole, sia essa stessa colpevole di un crimine punibile con fino a 14 anni di reclusione. Per molte tradizioni religiose — e in particolare per la Chiesa Cattolica — la pratica del Sacramento della Penitenza (noto anche come Sacramento della Riconciliazione o “Confessione”) costituisce un atto religioso di assoluta importanza e sacralità. Al centro di tale Sacramento si trova il principio, assolutamente imprescindibile, della confidenzialità. Per la Chiesa Cattolica, quello che viene definito “sigillo sacramentale” rappresenta precisamente questo: un vincolo inviolabile. Sebbene un sacerdote possa incoraggiare il penitente a confessare un crimine grave alle autorità, egli non può in alcun modo riferirlo personalmente e non deve mai essere ritenuto penalmente responsabile per quanto appreso in Confessione. Costringere un sacerdote a violare tale segreto, contro la propria volontà e coscienza, e in totale violazione della privacy del penitente, rappresenterebbe una grave violazione dell’Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ed è pertanto del tutto inaccettabile. Deve essere fermamente condannata da tutte le persone di coscienza, di qualunque fede o anche prive di credo religioso, in ogni parte del mondo»[71].
Risulta particolarmente significativo il caso di Jimmy Lai, il più noto cattolico laico di Hong Kong, imprenditore e attivista per la democrazia, detenuto sin dal suo arresto nel dicembre 2024 e attualmente ancora sotto processo ai sensi della Legge sulla Sicurezza Nazionale. È stato inoltre riportato che, dalla fine del 2023, gli sarebbe stato negato il diritto di ricevere il Sacramento della Comunione[72].
Un ulteriore elemento di rilievo è rappresentato dal silenzio pubblico mantenuto dal cardinale Joseph Zen, ex vescovo di Hong Kong, novantatreenne, a seguito della sua incriminazione e del processo subìto nel 2022. Figura storicamente molto attiva nella difesa della democrazia, dei diritti umani e della libertà religiosa, il cardinale ha adottato un profilo più basso negli anni successivi. Sebbene non si trovi in carcere, avrebbe dovuto consegnare il passaporto alle autorità e avrebbe ricevuto il permesso di viaggiare all’estero soltanto due volte: nel gennaio 2023 per partecipare ai funerali di Papa Benedetto XVI, e nel 2025 in occasione dei funerali di Papa Francesco e della Congregazione Generale pre-Conclave tenutasi a Roma[73].
La campagna governativa di sinizzazione della religione è stata applicata a tutte le religioni presenti nel Paese, compresi Cristianesimo, Islam, Buddismo e Taoismo, e si è intensificata in particolare nelle regioni del Tibet e dello Xinjiang[74]. Secondo la Commissione degli Stati Uniti per la Libertà Religiosa Internazionale (USCIRF), tale politica coercitiva ha «trasformato radicalmente l’ambiente religioso della Cina». Essa mira a ottenere «la completa subordinazione dei gruppi religiosi all’agenda politica del Partito Comunista Cinese (PCC) e alla visione marxista», ed è attuata mediante regolamenti statali e organizzazioni religiose controllate dal governo, con l’obiettivo di estirpare con la forza tutti gli elementi religiosi ritenuti incompatibili con l’agenda del Partito[75].
Nello specifico, questa strategia comporta l’obbligo, per i luoghi di culto e i leader religiosi, di esporre slogan del PCC, incorporare i valori fondamentali del socialismo e l’ideologia del Partito nei sermoni, integrare la propaganda governativa negli insegnamenti religiosi e modificare l’architettura dei luoghi di culto in conformità alle direttive imposte dalle autorità[76].
Prospettive per la libertà religiosa
Sotto la leadership attuale del presidente Xi Jinping e del Partito Comunista Cinese, le prospettive per la libertà religiosa in Cina risultano estremamente cupe. L’attuale dirigenza appare determinata a limitare in modo sistematico l’esercizio della libertà religiosa, perseguitando coloro che scelgono di praticare la propria fede al di fuori delle organizzazioni religiose ufficialmente riconosciute o indipendentemente dal controllo statale. La repressione, già intensificatasi negli ultimi anni, sembra destinata a proseguire senza significativi segnali di inversione.
Fonti