INDIA
Quadro giuridico relativo alla libertà religiosa ed effettiva applicazione
La Costituzione della Repubblica dell’India[1] garantisce la libertà religiosa e prevede una forma peculiare di laicità, concepita per assicurare un trattamento equo alle diverse tradizioni religiose. Tuttavia, da quando il Primo Ministro Narendra Modi e il Bharatiya Janata Party (BJP) sono saliti al potere nel 2014, tale modello di laicità non ha garantito un’adeguata tutela della libertà religiosa delle comunità minoritarie.
Con oltre duemila gruppi etnici, più di tremila caste, almeno sei religioni e 122 lingue parlate[2], l’India ha una lunga storia di conflitti interreligiosi, che risalgono all’epoca precoloniale, quando le guerre tra l’Impero Mughal musulmano e i Maratha indù erano al tempo stesso politiche e religiose[3]. Durante il movimento per l’indipendenza del subcontinente e la partizione del 1947, che portò alla nascita degli Stati indipendenti di India e Pakistan, emersero gruppi nazionalisti indù con una forte influenza politica, sociale e culturale. Conosciuti collettivamente come Sangh Parivar (famiglia o associazione), essi comprendono il Rashtriya Swayamsevak Sangh (Organizzazione Nazionale dei Volontari, RSS) e hanno registrato una crescita significativa dopo l’elezione di Modi. Attualmente, membri di diverse organizzazioni appartenenti al Sangh Parivar ricoprono posizioni di rilievo nel governo, nelle forze armate e nel mondo accademico.
La libertà religiosa è sancita dall’articolo 25 della Costituzione, secondo cui «tutte le persone hanno ugualmente diritto alla libertà di coscienza e alla libertà di professare, praticare e propagare liberamente la propria religione». L’articolo 27 stabilisce che nessuno può essere obbligato a pagare tasse destinate alla promozione o al sostegno di una specifica confessione religiosa, mentre l’articolo 26 tutela la facoltà di «ogni confessione religiosa» di «istituire e gestire istituzioni a scopo religioso e caritativo» e di «amministrare autonomamente le proprie questioni religiose». L’articolo 30 riconosce infine il diritto delle minoranze, comprese quelle religiose, di istituire e amministrare i propri istituti educativi.
Nonostante lo status ufficiale di Stato laico, diversi governi federali e statali hanno introdotto leggi che limitano la libertà religiosa di individui, istituzioni e gruppi. Nel dicembre 2024, la Legge sui Luoghi di Culto (Places of Worship Act) del 1991 è tornato al centro del dibattito, dopo che gruppi induisti hanno presentato numerose petizioni per ottenere ispezioni di edifici religiosi musulmani al fine di verificarne l’eventuale origine come templi indù. La norma, concepita per prevenire controversie, mirava a preservare l’identità religiosa dei luoghi di culto così com’era nel 1947. La Corte Suprema ha riesaminato la questione in seguito all’uccisione, da parte della polizia dell’Uttar Pradesh, di cinque uomini musulmani che protestavano contro un’ispezione della moschea Shahi Jama Masjid di Sambhal, autorizzata da un tribunale[4]. Il 12 dicembre 2024, la Corte ha stabilito che i tribunali civili non possano più accettare nuove cause riguardanti la proprietà o il titolo di luoghi di culto, né ordinare ispezioni in siti religiosi contesi[5].
Nel novembre 2024, il Ministero degli Affari Interni ha emesso un avviso in base al quale ogni ONG che, ricevendo fondi esteri, compromettesse l’armonia sociale o religiosa avrebbe visto revocata la propria licenza ai sensi della Legge sulla Regolamentazione dei Contributi Esteri (Foreign Contribution Regulation Act – FCRA). Tale misura, che impedisce di ricevere donazioni internazionali, ha costretto numerose organizzazioni a interrompere le proprie attività. Nel 2024 risultavano attive soltanto 15.947 licenze ai sensi della normativa FCRA, mentre 35.488 erano state revocate o lasciate scadere senza rinnovo[6].
Dal 2014, con frequenza crescente, le autorità hanno congelato i conti bancari di diverse organizzazioni applicando la legge FCRA del 2010. Secondo numerosi osservatori, il governo ha utilizzato selettivamente questa normativa per colpire ONG legate a comunità religiose minoritarie, ostacolando in particolare le attività di sviluppo e assistenza umanitaria delle organizzazioni cristiane[7]. Nel gennaio 2024, ad esempio, la licenza FCRA di World Vision è stata definitivamente revocata dopo tre anni di sospensione, impedendo a World Vision India di ricevere fondi internazionali, con pesanti conseguenze sui suoi programmi di aiuto e sviluppo[8].
Anche la regolamentazione statale delle istituzioni religiose, sia maggioritarie che minoritarie, ha avuto un impatto sulla libertà religiosa. Sin dall’indipendenza, un gran numero di templi induisti è stato posto sotto il controllo dei governi statali o centrale. L’articolo 25 (paragrafo 2) della Costituzione consente allo Stato di adottare leggi per regolamentare le attività religiose e garantire l’accesso ai templi a tutte le caste[9]. Nel settembre 2024, il Vishwa Hindu Parishad (VHP), una delle principali organizzazioni nazionaliste induiste, ha chiesto al Bharatiya Janata Party (BJP) al governo di «liberare i templi induisti» dal controllo statale. La richiesta è stata avanzata dopo che il Primo Ministro dell’Andhra Pradesh ha accusato il precedente governo di aver permesso a uno dei più grandi templi indiani di utilizzare grassi animali nella preparazione dei cibi rituali[10].
Nel 2024, l’Alta Corte del Tamil Nadu ha stabilito che le istituzioni educative delle minoranze — comprese scuole e college cristiani e musulmani — devono adottare procedure di reclutamento aperte, accessibili a candidati di ogni religione, in particolare se tali istituzioni ricevono fondi pubblici. La sentenza nasceva dal caso della diocesi cattolica di Tirunelveli, che selezionava il personale in base all’anzianità all’interno della diocesi. La Corte ha precisato che, in caso di violazioni dei diritti dei candidati idonei, avrebbe esercitato i poteri di revisione giurisdizionale previsti dall’articolo 226 della Costituzione[11]. Nello stesso anno, diverse Corti superiori hanno invitato alla creazione di un ente statale incaricato della gestione dei beni e delle procedure di assunzione delle comunità cristiane nel Tamil Nadu[12].
Su un piano più positivo, la Corte Suprema ha confermato la validità Legge sul Consiglio per l’Istruzione delle Madrase nello Stato dell’Uttar Pradesh del 2004, una legge che garantisce il rispetto degli standard educativi nelle scuole islamiche (madāris o madrase) preservandone al contempo la natura religiosa. La norma era stata precedentemente annullata dall’Alta Corte di Allahabad, che aveva sostenuto che le madrase imponessero lo studio dell’Islam e rendessero facoltative alcune materie moderne, ritenendo che lo Stato non potesse «discriminare» fornendo un’istruzione basata su principi religiosi[13]. La Corte Suprema ha invece stabilito che, ai sensi dell’articolo 30 della Costituzione, le istituzioni delle minoranze hanno il diritto di istituire e amministrare scuole che impartiscano sia insegnamenti religiosi sia materie secolari. Inoltre, ha chiarito che l’articolo 28 non impedisce alle istituzioni educative fondate da lasciti o trust e finanziate dallo Stato di offrire insegnamento religioso[14].
Sempre nel 2024, il Parlamento ha approvato la Legge di modifica della normativa sui beni Waqf, relativa ai beni donati da musulmani per scopi religiosi o caritatevoli. La nuova normativa introduce la possibilità di nominare membri non musulmani nei consigli di amministrazione dei waqf, che possono costituire anche la maggioranza degli undici membri totali. Ciò ha suscitato preoccupazioni all’interno della comunità islamica, secondo cui i membri non musulmani potrebbero influenzare in modo decisivo la gestione delle dotazioni religiose islamiche[15]. Timori simili sono stati espressi in merito alla rappresentanza religiosa nei consigli comunitari responsabili della gestione dei beni indù e sikh. Secondo i critici, la legge viola la libertà religiosa delle istituzioni, così come sancita dall’articolo 26 della Costituzione.
Nel marzo 2024, il governo ha emanato le norme attuative della Legge di emendamento sulla cittadinanza (Citizenship Amendment Act - CAA) del 2019, una legge concepita per agevolare l’ottenimento della cittadinanza da parte delle minoranze religiose perseguitate, ma che ha generato critiche per l’esclusione discriminatoria di gruppi quali i Tamil dello Sri Lanka, i bhutanesi e diverse comunità musulmane, tra cui Rohingya, Hazara, sciiti e Ahmadiyya. Pur escludendo questi gruppi, la normativa ha rimosso gli ostacoli all’acquisizione della cittadinanza indiana per indù, sikh, buddisti, jainisti, parsi e cristiani provenienti da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan, a condizione che fossero entrati in India prima della fine del 2014. La legge non ha tuttavia eliminato le barriere per i membri degli stessi gruppi religiosi residenti in aree tribali come il Mizoram. I critici hanno definito la legge di emendamento sulla cittadinanza una forma di «strumentalizzazione contro la popolazione musulmana minoritaria in India»[16]. Inoltre, secondo le nuove disposizioni, il governo può revocare la registrazione dello status di cittadinanza indiana all’estero (Overseas Citizenship of India - OCI) in caso di violazione delle leggi o di partecipazione a manifestazioni di protesta[17].
Legislazioni anti-conversione hanno continuato ad essere applicate, imponendo restrizioni di fatto alla libertà religiosa. Diversi Stati indiani hanno adottato leggi sulla libertà religiosa (Freedom of Religion Acts), comunemente denominate dai critici “leggi anti-conversione”, finalizzate a regolamentare le conversioni religiose ritenute ottenute con mezzi coercitivi o fraudolenti. Nel dicembre 2024, il governo dello stato del Rajasthan ha approvato la Proposta di legge per la proibizione delle conversioni religiose illecite[18], tramutato in legge dall’Assemblea legislativa nel febbraio 2025[19]. Con questa adozione, il Rajasthan è diventato il dodicesimo Stato indiano a dotarsi di una normativa anti-conversione, dopo Arunachal Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Haryana, Himachal Pradesh, Jharkhand, Karnataka, Madhya Pradesh, Odisha, Uttarakhand e Uttar Pradesh[20].
L’intento discriminatorio di tali leggi emerge dal fatto che esse raramente – se non mai – sono state applicate nei confronti di cittadini indù, persino in casi in cui il Sangh Parivar è stato accusato di raccogliere fondi per la “riconversione” all’Induismo[21]. Queste leggi colpiscono soprattutto le fedi minoritarie, come evidenziato anche da una sentenza della Corte Suprema del 2015, secondo cui una persona che si “riconverte” dal Cristianesimo all’Induismo ha diritto a riottenere alcuni benefici legati all’appartenenza a una casta riconosciuta, a condizione che la comunità la riaccolga.
Le leggi anti-conversione sono spesso promosse da gruppi nazionalisti indù che temono l’erosione del carattere induista dell’India a causa della crescita di altre fedi. Le comunità islamiche e cristiane risultano particolarmente colpite, poiché entrambe svolgono attività missionarie. Tali normative offrono inoltre agli ufficiali locali e alle organizzazioni suprematiste indù strumenti per intimidire e molestare i membri delle minoranze religiose[22].
Nel 2024, lo Stato dell’Uttar Pradesh ha approvato un emendamento alla propria legge anti-conversione, estendendo la possibilità di presentare denunce a chiunque, non più soltanto ai parenti stretti di minori, donne o persone considerate “convertite illegalmente”[23]. Secondo i critici, questa modifica espone la norma ad abusi e a strumentalizzazioni. La legge si fonda su una normativa introdotta nel 2021 per contrastare il cosiddetto “love jihad”, una teoria promossa da gruppi Hindutva secondo la quale uomini musulmani indurrebbero donne indù a sposarli con l’obiettivo di convertirle all’Islam. L’emendamento prevede l’ergastolo per chiunque minacci, cospiri o prometta il matrimonio con l’intento di provocare una conversione, qualificando il reato come non soggetto a cauzione. Chi intenda convertirsi per sposarsi deve inoltre presentare un affidavit al magistrato con almeno due mesi di anticipo. L’Uttar Pradesh è stato il primo Stato indiano ad adottare una legge contro la conversione religiosa a fini matrimoniali[24].
Il codice penale indiano (IPC)[25] contiene inoltre una disposizione specifica in materia di blasfemia. L’articolo 295A punisce chi offende i sentimenti religiosi «con intento deliberato e malevolo». Questa norma è stata applicata anche contro cristiani, sia indiani che stranieri, accusati di aver criticato l’Induismo nell’ambito di attività di evangelizzazione[26].
Nel dicembre 2023, il Parlamento ha approvato la Legge in materia di telecomunicazioni (Telecommunications Act), che amplia i poteri del governo di disporre l’interruzione delle connessioni internet. L’India è il Paese che più frequentemente ricorre a questa misura[27]. Nell’aprile dello stesso anno sono state introdotte nuove regole in materia di tecnologia dell’informazione che, secondo i critici, riducono l’efficacia della crittografia, limitano la libertà di espressione online e rappresentano un rischio per la democrazia e le libertà individuali[28].
Nel febbraio 2024, lo Stato dell’Uttarakhand ha introdotto il Codice civile uniforme (Uniform Civil Code - UCC), un provvedimento volto a uniformare la normativa in materia di matrimonio, divorzio, adozione ed eredità per tutti i cittadini, a prescindere dall’appartenenza religiosa. La legge stabilisce inoltre l’obbligo per le coppie conviventi di registrare la propria relazione entro un mese, pena fino a tre mesi di reclusione. Sebbene presentato come un passo verso l’uguaglianza legale e l’uniformità sociale, il Codice è stato criticato da leader musulmani, che lo considerano lesivo del pluralismo religioso, in quanto vieta pratiche consentite dalla legge islamica, come la poligamia e il divorzio. I critici hanno espresso preoccupazione per il rischio di erosione della diversità culturale e religiosa tutelata dalla Costituzione[29].
Nel dicembre 2024, il Parlamento ha approvato tre nuove leggi penali per sostituire il Codice di procedura penale e la Legge indiana in materia di prova, ereditati dal periodo coloniale britannico all’indipendenza del 1947. Avvocati e attivisti hanno espresso preoccupazioni per le modifiche introdotte, in particolare l’estensione della custodia cautelare da 15 a 60 giorni e, in casi speciali, fino a 90 giorni, ritenendo che ciò possa facilitare abusi giudiziari[30]. Un ulteriore elemento controverso riguarda l’ammissione come prove di contenuti elettronici, tra cui messaggi di testo e post sui social media, misura che potrebbe essere usata per reprimere il dissenso. La nuova legge Bharatiya Nyaya Sanhita (BNS), che ha sostituito la norma sulla sedizione, ha introdotto una disposizione che criminalizza gli «atti che mettono in pericolo la sovranità, l’unità e l’integrità dell’India»[31]. I critici temono che la vaghezza della formulazione possa tradursi in un ulteriore strumento per limitare la libertà di espressione e colpire manifestazioni pacifiche di protesta.
Episodi rilevanti e sviluppi
Nel periodo in esame, le minoranze religiose hanno continuato a subire episodi di violenza, in particolare sotto forma di disordini e linciaggi di massa.
Nel 2023 si sono registrati 32 disordini e 21 episodi di linciaggio. Degli 11 disordini nello Stato del Maharashtra, complessivamente sono risultate 15 vittime (quattro indù e cinque musulmane), mentre la violenza di massa ha provocato 16 morti, tutti musulmani[32]. Le accuse di macellazione di bovini sono state tra le principali cause scatenanti. Nello stesso anno si sono verificati anche 33 episodi di incitamento all’odio, sebbene il numero reale possa essere più alto, considerata l’esclusione dei casi diffusi da media locali in lingua vernacolare.
Nel 2024 il numero dei disordini è salito a 59, con un aumento pari all’84 percento. La maggior parte degli episodi si è verificata durante festività o processioni religiose[33]. Nel marzo 2023, una processione organizzata in Gujarat dal gruppo nazionalista Vishwa Hindu Parishad (VHP) ha cambiato percorso transitando davanti a una moschea e a un santuario musulmano: i partecipanti hanno vandalizzato il sito e sono seguiti scontri violenti con numerosi arresti, prevalentemente di musulmani[34].
In vista delle elezioni generali dell’aprile-maggio 2024, le tensioni sono aumentate. Sono state registrate nuove violenze contro musulmani e cristiani, mentre il Primo Ministro Narendra Modi ha fatto ricorso a una retorica esplicitamente anti-musulmana durante i comizi, definendo i musulmani “infiltrati” [35] e accusando i partiti di opposizione di voler sottrarre fondi ai Dalit e agli Adivasi per destinarli ai musulmani. La Commissione Elettorale dell’India ha ordinato a X (ex Twitter) la rimozione di un video anti-islamico diffuso dal BJP che stava alimentando le tensioni[36].
Dopo la consacrazione del Tempio di Ram ad Ayodhya, avvenuta nel gennaio 2024, gli attacchi contro le minoranze religiose si sono intensificati[37]. Nello Stato del Maharashtra, nella città di Mira Road a nord di Mumbai, violenze sono esplose dopo che una processione indù sarebbe stata attaccata: negozi musulmani sono stati dati alle fiamme e giovani islamici arrestati e aggrediti. Meno di 48 ore dopo, le autorità locali hanno demolito con le ruspe edifici definiti “strutture illegali”[38] ma di proprietà musulmana, in un episodio del fenomeno noto come “giustizia delle ruspe”, sempre più utilizzato contro le comunità islamiche. Nel febbraio 2024, la Delhi Development Authority ha ordinato la demolizione della moschea seicentesca di Akhoondiji, sostenendo che fosse costruita su un terreno di proprietà statale[39].
Nel periodo di riferimento si sono verificati numerosi attacchi da parte di indù contro musulmani, legati al cosiddetto fenomeno del fenomeno del vigilantismo delle vacche (cow vigilantism) – una forma di violenza motivata dal sospetto di contrabbando, macellazione di bovini o consumo di carne bovina. Uno degli episodi più gravi si è verificato nell’agosto 2024, quando un uomo di 72 anni è stato aggredito su un treno a Mumbai con l’accusa di trasportare carne di manzo[40]. Un mese dopo, nello Stato di Haryana, un gruppo di vigilanti ha inseguito e ucciso a colpi di arma da fuoco un giovane indù, scambiandolo per un musulmano coinvolto nel traffico illegale di bovini.
Nel primo semestre del 2023 si sono registrati attacchi contro cristiani in 23 Stati dell’India[41], legati soprattutto alle accuse di conversioni forzate. Il Cristianesimo si è diffuso in diversi gruppi, in particolare tra le comunità tribali rurali. Preoccupati per l’aumento delle conversioni, gruppi estremisti indù hanno organizzato campagne di “riconversione” dei cristiani tribali e attacchi contro luoghi di culto cristiani, spesso con la tacita complicità delle autorità locali. Secondo i critici, la polizia avrebbe minimizzato gli episodi o ignorato deliberatamente le denunce. L’United Christian Forum ha riportato che gli attacchi contro i cristiani sono passati da 127 nel 2014 a 834 nel 2024. Lo Stato più colpito è l’Uttar Pradesh, con 209 casi, seguito dal Chhattisgarh con 165[42].
Sebbene gli attacchi siano troppo numerosi, di seguito si elencano quelli maggiormente rappresentativi.
Nel gennaio 2023 una coppia del Kerala è stata condannata a cinque anni di carcere per aver presumibilmente indotto alla conversione alcuni Dalit indù nell’Uttar Pradesh. Tuttavia, nessuno dei Dalit coinvolti ha sporto denuncia; al contrario, hanno dichiarato che la coppia li incoraggiava a studiare e a evitare l’alcol[43]. Nel maggio dello stesso anno è esplosa una violenza etno-religiosa tra la tribù Meitei, a maggioranza indù, e le tribù cristiane Kuki-Zo e Naga, dopo che i Meitei hanno chiesto il riconoscimento dello status di tribù riconosciuta, che avrebbe conferito loro diritti fondiari sui territori delle comunità cristiane. Centinaia di persone sono state uccise, chiese e abitazioni incendiate, interi villaggi sono stati rasi al suolo[44]. Un gruppo composto da 550 organizzazioni della società civile[45] ha accusato il Primo Ministro del Manipur di proteggere la comunità Meitei e di diffondere accuse contro le tribù Kuki, sostenendo che fossero coinvolte nel traffico di droga e nell’accoglienza di rifugiati dal Myanmar[46]. A differenza del governo statale del Mizoram, che ha accolto i rifugiati, quello del Manipur si è allineato alla posizione del governo centrale, procedendo ad arresti e rimpatri forzati. L’arcivescovo di Bangalore, Monsignor Peter Machado ha affermato che la persistente violenza nel Manipur dimostra «il pericolo che corrono le persone prese di mira per la loro fede e le loro pratiche religiose»[47].
Sempre nel maggio 2023, due donne cristiane del Manipur, Glory e Mercy, sono state denudate e trascinate per le strade. Una di loro è stata stuprata, l’altra aggredita, mentre il padre e il fratello delle due vittime sono stati uccisi nel tentativo di difenderle.[48] [49]. Le donne e il loro fratello avevano cercato rifugio in un veicolo della polizia, dove erano presenti almeno cinque agenti. Tuttavia, questi ultimi sono fuggiti all’arrivo della folla, lasciando i giovani in balia degli aggressori[50].
Padre Babu Francis, direttore dei servizi sociali della diocesi di Allahabad, nello Stato dell’Uttar Pradesh, è stato detenuto per tre mesi con l’accusa di aver violato le leggi anti-conversione dello Stato ed è stato rilasciato nel dicembre 2023[51].
Nel febbraio 2024, sempre in Uttar Pradesh, padre Dominic Pinto e nove laici protestanti sono stati arrestati per aver organizzato un incontro di pastori evangelici all’interno di un centro cattolico[52].
Nel settembre dello stesso anno, un pastore pentecostale nel Maharashtra è stato aggredito da una folla dopo aver celebrato una cerimonia di benedizione di una nuova abitazione. L’edificio si trovava accanto a un tempio indù e, dopo aver osservato i fedeli cristiani riuniti, una ventina di uomini hanno seguito il pastore mentre si allontanava in auto e lo hanno picchiato[53].
Nel novembre 2024, nello Stato dell’Assam, il pastore battista Pranjal Bhuyan è stato arrestato con l’accusa di aver violato la nuova legge statale sulla “guarigione magica” (Assam Magical Healing Act), dopo aver pregato per un gruppo di tribali in un villaggio. L’arcivescovo Moolachira ha dichiarato che definire la preghiera come “guarigione magica” era fuorviante, precisando che la guarigione spirituale non equivale a proselitismo[54].
Il giorno di Natale 2024, una folla appartenente al gruppo nazionalista indù Vishwa Hindu Parishad (VHP) ha interrotto una celebrazione cristiana a Mahuva, scandendo lo slogan «Jai Shri Ram» e sostenendo che la Chiesa non disponesse dell’autorizzazione necessaria per tenere la funzione. Il giorno successivo, in Odisha, due donne tribali sono state picchiate con l’accusa di aver convertito con la forza una persona del loro villaggio. Nello stesso periodo, in Uttar Pradesh, membri del VHP hanno rasato i capelli a un uomo cristiano Dalit, gli hanno cosparso la testa di vermiglio e lo hanno costretto a sfilare per il villaggio[55].
Durante il periodo in esame si sono verificati anche numerosi atti di vandalismo contro istituzioni cristiane e chiese. Nell’agosto 2023, a Delhi, una folla legata a un’organizzazione indù ha devastato la sala di preghiera Zion, vandalizzando l’edificio e scandendo slogan[56]. Nel gennaio 2023, diciotto croci e lapidi sono state distrutte nel cimitero della chiesa cattolica di San Michele a Mumbai, una delle più antiche del Paese[57]. Nel febbraio 2024, in Telangana, una folla al grido di «Jai Shri Ram» ha attaccato una chiesa, distruggendo il crocifisso, le sedie e il tetto, e ferendo 20 cristiani Dalit[58]. Nell’aprile dello stesso anno, la scuola “Madre Teresa” nello Stato meridionale di Telangana è stata vandalizzata dopo che gli insegnanti avevano impedito l’ingresso in aula agli studenti che indossavano abiti color zafferano anziché l’uniforme. I genitori hanno poi sporto denuncia contro la scuola, invocando gli articoli 153(A) (istigazione all’odio tra gruppi religiosi) e 295(A) (offesa ai sentimenti religiosi) del codice penale indiano[59].
Prospettive per la libertà religiosa
La democrazia indiana rimane la più solida e dinamica del contesto sud asiatico, in netto contrasto con le fragili realtà di Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e, ancor più, del Myanmar. Al tempo stesso, l’India si trova in prima linea in una situazione di tensione con la più pericolosa potenza autoritaria del mondo: la Cina. Tuttavia, il crescente numero di restrizioni nei confronti dei cristiani e delle altre minoranze religiose non indù, accompagnato da violenze motivate dall’appartenenza confessionale, impunità, intimidazioni e limitazioni sempre più rigide alla libertà individuale di professare la propria fede, desta seria preoccupazione. L’India rappresenta oggi un esempio di “persecuzione ibrida”, in cui strumenti pseudo-legali si affiancano ad aggressioni violente contro chi appartiene alla “religione sbagliata”.
Il quadro non è uniforme: gli Stati settentrionali dell’Uttar Pradesh, del Chhattisgarh e del Maharashtra, così come il Karnataka nel Sud, registrano i livelli più alti di restrizioni sociali e violenza da parte di attori non statali. Nonostante il partito del Primo Ministro Narendra Modi abbia ottenuto una maggioranza ridotta nelle ultime elezioni generali, le misure governative – tra cui leggi anti-conversione più severe e il continuo ricorso alla normativa FCRA per limitare l’operatività delle ONG religiose – continuano a costituire una minaccia rilevante. Di conseguenza, le prospettive per la libertà religiosa in India restano negative.
Fonti