INDONESIA
Quadro giuridico relativo alla libertà religiosa ed effettiva applicazione
L’Indonesia, Paese con la più numerosa popolazione musulmana al mondo, non si configura come uno Stato islamico. La Costituzione garantisce formalmente la libertà di religione e di culto, pur prevedendo alcune limitazioni. L’ideologia ufficiale dello Stato, la Pancasila (Cinque Principi), è sancita nel preambolo della Costituzione, che la definisce come: «fede nell’Unico e Solo Dio, umanità giusta e civilizzata, unità dell’Indonesia, vita democratica guidata dalla saggezza delle deliberazioni tra i rappresentanti del popolo e giustizia sociale per tutto il popolo indonesiano»[1].
Pur non riconoscendo una religione di Stato, la Costituzione privilegia la fede in una divinità e tutela i diritti dei seguaci delle sei religioni ufficialmente riconosciute: Islam, Protestantesimo, Cattolicesimo, Induismo, Buddismo e Confucianesimo. Al contrario, i diritti dei fedeli di religioni non ufficialmente riconosciute — comprese le credenze tradizionali locali — così come quelli degli agnostici e atei, non godono di una protezione equivalente.
La shari‘a (legge islamica) non è applicata a livello nazionale, ma si stima che almeno 78 regolamenti ispirati alla legge islamica siano stati introdotti a livello locale, in 52 dei 470 distretti e municipalità del Paese[2]. Secondo alcune fonti, il numero effettivo sarebbe sensibilmente più elevato, con almeno 151 regolamenti locali di matrice islamica presenti in regioni quali Giava, Sulawesi, Sumatra e Nusa Tenggara Occidentale[3].
L’articolo 28E (paragrafo 1) della Costituzione sancisce che: «ogni persona ha il diritto di scegliere e praticare la religione di sua scelta», mentre il paragrafo 2 dello stesso articolo aggiunge che: «ogni persona ha il diritto alla libertà di credere nella propria fede (kepercayaan) e di esprimere opinioni e pensieri in conformità alla propria coscienza». L’articolo 29 (paragrafo 2) conferma che: «lo Stato garantisce a tutti la libertà di culto, secondo la propria religione o credo».
Nel 1965, il presidente Sukarno ha emesso il Decreto Presidenziale n. 1/PNPS/1965 sulla prevenzione della blasfemia e dell’abuso delle religioni, noto come “legge sulla blasfemia”. L’articolo 1 di tale decreto — successivamente attuato dal presidente Suharto (in carica dal 1967 al 1998) — vieta interpretazioni e pratiche che «deviano dagli insegnamenti fondamentali della religione»[4] e conferisce al presidente il potere di sciogliere qualsiasi organizzazione promotrice di dottrine ritenute «devianti»[5].
Nell’ambito della politica di contrasto alle “devianze religiose”, il Coordinamento per il Monitoraggio delle Fedi Indigene (Bakor Pakem)[6], organismo della Procura Generale[7], ha lanciato nel 2018 l’applicazione mobile Smart Pakem, che consente agli utenti di segnalare pratiche religiose considerate eretiche o anomale[8]. Tra i gruppi esplicitamente citati figurano l’Islam sciita, la comunità Gatafar e gli Ahmadiyya[9].
Nel 1969, il Ministero degli Affari Religiosi e quello degli Affari Interni hanno emesso un decreto ministeriale congiunto per regolare le procedure di autorizzazione alla costruzione di luoghi di culto. Nel 2004, il presidente Susilo Bambang Yudhoyono ha disposto una revisione di tale decreto, culminata nell’adozione del decreto congiunto n. 8 e 9/2006, intitolato Guida per i governatori regionali e i loro vice nella gestione dell’armonia religiosa[10].
Ai sensi del decreto ministeriale congiunto n. 8 e 9 del 2006, la costruzione di un luogo di culto è subordinata a requisiti amministrativi particolarmente stringenti. È necessario presentare l’elenco dei nomi e dei documenti di identità di almeno 90 membri della futura congregazione, convalidati dalle autorità locali, nonché lettere di sostegno firmate da almeno 60 residenti della zona appartenenti a una religione diversa, anch’esse convalidate dal capo villaggio (kepala desa).
Secondo numerosi osservatori, tale normativa rischia di alimentare le tensioni interreligiose, poiché risulta difficilmente applicabile da parte di comunità religiose minoritarie. È infatti improbabile che, ad esempio, un gruppo cristiano minoritario riesca a ottenere il sostegno formale di 60 musulmani locali per la costruzione di una chiesa.
La richiesta deve inoltre ottenere una raccomandazione scritta da parte dell’ufficio distrettuale del Ministero degli Affari Religiosi e del Forum per l’Armonia Religiosa (Forum Kerukunan Umat Beragama – FKUB) del distretto o della città[11]. Una volta completata la documentazione, l’istanza viene sottoposta al sindaco, che dispone di un termine di 90 giorni per decidere sull’approvazione o il rigetto[12].
Il regolamento impone alle autorità locali la costituzione di un Forum per l’Armonia Religiosa, composto da rappresentanti religiosi locali in proporzione alla consistenza delle rispettive comunità. Nella pratica, ciò comporta che tale organismo sia generalmente dominato da esponenti della religione maggioritaria — islamica o cristiana — in base alla composizione demografica della regione[13].
Accanto a queste restrizioni, sono in vigore da anni normative specifiche indirizzate a determinati gruppi religiosi. Nel giugno 2008, il governo ha adottato un decreto congiunto — firmato dal Ministro degli Affari Religiosi, dal Procuratore Generale e dal Ministro degli Interni — contenente «ammonimenti e istruzioni ai discepoli, membri e/o dirigenti della Jemaat Ahmadiyah Indonesia (JAI) e alla popolazione»[14].
Sebbene il decreto non vieti formalmente il movimento Ahmadiyya, esso impone ai suoi membri di «interrompere la diffusione di interpretazioni e attività che deviano dagli insegnamenti fondamentali dell’Islam, in particolare quelle che riconoscono l’esistenza di un profeta successivo a Maometto»[15].
Nel mese di agosto 2008, tre alti funzionari governativi — il Segretario Generale del Ministero degli Affari Religiosi, il Vice Procuratore Generale per l’Intelligence e il Direttore Generale per l’Unità Nazionale e gli Affari Politici del Ministero degli Interni — hanno emanato una circolare congiunta contenente le Linee guida per l’attuazione del decreto congiunto. In essa si precisa che le disposizioni si applicano esclusivamente ai membri della comunità Ahmadiyya «che si dichiarano musulmani», mentre «coloro che non si dichiarano tali sono esclusi dall’ambito di applicazione del provvedimento»[16].
La violazione del decreto congiunto del 2008 è classificata come reato penale. Tali infrazioni rientrano nella fattispecie di abuso della religione e diffamazione religiosa ai sensi dell’articolo 1 del Decreto Presidenziale n. 1/PNPS/1965 sulla prevenzione della blasfemia, che vieta gli insegnamenti e le interpretazioni ritenuti «devianti», e dell’articolo 3 dello stesso decreto. A essi si aggiunge l’articolo 156(a) del codice penale indonesiano, che disciplina i reati di vilipendio delle religioni. La pena massima prevista è di cinque anni di reclusione.
Oltre alla legge sulla blasfemia, ai regolamenti sulla costruzione dei luoghi di culto e alla normativa anti-Ahmadiyya, sono state promulgate centinaia di leggi e regolamenti locali che limitano l’esercizio della libertà religiosa in tutto il Paese.
Negli ultimi anni, il Pew Forum ha sistematicamente collocato l’Indonesia tra gli Stati con i più elevati livelli di restrizioni governative alla religione, in particolare tra le 25 nazioni più popolose del mondo[17]. Tuttavia, secondo il Religious Harmony Index, nel 2023 il 76,02 percento della popolazione indonesiana si è dichiarata tollerante nei confronti delle altre religioni[18]. Nel 2024, l’indice ha raggiunto il nuovo massimo storico di 76,47, confermando una tendenza positiva nella percezione pubblica della tolleranza interreligiosa. Il vice ministro degli Affari Religiosi, Saiful Rahmat Basuki, ha attribuito questi risultati agli sforzi istituzionali per promuovere visioni religiose moderate. Tra le iniziative principali: l’istituzione di un Segretariato Congiunto (Sekber) e il lancio di una piattaforma digitale per monitorare l’attuazione delle politiche in materia di armonia religiosa[19].
Nonostante ciò, nel 2025, la Conferenza episcopale indonesiana ha indirizzato una lettera formale al governo, sollecitando un intervento deciso contro l’intolleranza religiosa, in seguito a una serie di attacchi contro chiese cristiane[20].
La dottoressa Musdah Mulia, presidente della Conferenza Indonesiana su Religione e Pace (Indonesian Conference on Religion and Peace), ha evidenziato l’esistenza di almeno 147 «leggi e politiche pubbliche discriminatorie in materia religiosa» in vigore in Indonesia. Secondo Mulia, «finché queste leggi continueranno a esistere, vi sarà sempre un forte potenziale di violenza nella società». Lo stesso ha inoltre sottolineato la necessità urgente di riforme legislative che siano maggiormente rispettose dei principi dei diritti umani, della tolleranza, del pluralismo e della democrazia[21]. In molti casi, i regolamenti locali si limitano a rafforzare le disposizioni della normativa nazionale, ma in altri introducono restrizioni ulteriori.
Nel luglio 2023, la Corte Suprema ha emanato una circolare che vieta ai giudici di autorizzare o registrare matrimoni tra persone appartenenti a religioni o convinzioni diverse. La maggior parte delle coppie interreligiose continua ad aggirare questo ostacolo attraverso la conversione temporanea di uno dei partner alla religione dell’altro, per poi riprendere la propria fede dopo il matrimonio[22].
Nel dicembre 2022, l’Indonesia ha adottato un nuovo codice penale[23], sostituendo quello di epoca coloniale basato sul diritto olandese[24]. Le disposizioni sui reati religiosi restano in larga misura invariate: sia il vecchio sia il nuovo codice puniscono la blasfemia, l’eresia e la diffamazione religiosa. L’articolo 156 prevede fino a quattro anni di reclusione per chiunque «esprima pubblicamente sentimenti di ostilità, odio o disprezzo contro uno o più gruppi della popolazione indonesiana», definiti sulla base di criteri quali razza, religione, origine o condizione costituzionale. L’articolo 156a punisce con una pena fino a cinque anni chiunque «offenda o denigri una religione riconosciuta in Indonesia».
Il nuovo codice penale indonesiano ha suscitato forti critiche anche per l’introduzione dell’incriminazione dei rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Sebbene la norma preveda che la denuncia possa essere presentata solo dal coniuge, dai figli o dai genitori della persona coinvolta, essa ha implicazioni concrete per numerose coppie indonesiane prive di un certificato di matrimonio civile. Ciò riguarda in particolare le popolazioni indigene e i musulmani delle aree rurali che contraggono matrimonio secondo i riti islamici informali, noti come kawin siri[25]. Inoltre, secondo diverse organizzazioni per i diritti umani, le donne vittime di violenza sessuale potrebbero essere accusate di adulterio qualora decidano di denunciare lo stupro subito[26].
Nel biennio 2023–2024, varie organizzazioni della società civile hanno espresso seria preoccupazione per l’articolo 302 del nuovo codice penale (Legge n. 1/2023), la cui entrata in vigore è prevista per il 2 gennaio 2026. L’articolo criminalizza l’istigazione pubblica all’apostasia, definita come l’abbandono di una delle sei religioni ufficialmente riconosciute dallo Stato. La pena prevista è fino a due anni di reclusione, che può aumentare a quattro anni nei casi in cui l’istigazione sia accompagnata da coercizione o minacce. La formulazione dell’articolo è stata ampiamente criticata per la sua vaghezza e ambiguità, che rischiano di consentire una repressione delle credenze religiose non riconosciute e di limitare gravemente la libertà di espressione in un contesto pluralista[27].
Numerosi esperti legali hanno messo in guardia circa i rischi legati all’intero Capitolo VII del nuovo Codice (articoli 300–305), che disciplina i reati contro la religione. Tali disposizioni, definite “eccessivamente elastiche”, sarebbero suscettibili di interpretazioni arbitrarie e potrebbero prestarsi a un uso strumentale da parte di attori statali o non statali, con potenziali conseguenze discriminatorie nei confronti di gruppi religiosi minoritari, dissidenti o promotori del dialogo interreligioso[28].
Episodi rilevanti e sviluppi
La tradizione pluralista dell’Indonesia e la sua reputazione internazionale come modello di tolleranza religiosa sono sempre più messe in discussione. Nel suo rapporto annuale del 2023, la Commissione statunitense sulla libertà religiosa internazionale (USCIRF) ha denunciato che le accuse e condanne per blasfemia continuano a rappresentare «gravi violazioni della libertà religiosa» nel Paese[29]. L’USCIRF ha raccomandato l’inserimento dell’Indonesia nella Special Watch List (SWL) del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in quanto Paese «coinvolto o tollerante di gravi violazioni della libertà religiosa»[30].
Nel gennaio 2023, a Banda Aceh — capitale della provincia di Aceh, l’unica del Paese soggetta alla shari‘a — una donna è stata frustata pubblicamente 22 volte da un’agente della polizia religiosa, per essersi incontrata con un uomo che non era suo marito. Sebbene le punizioni corporali pubbliche non siano una novità in questa provincia, l’impiego di agenti donne nella polizia religiosa rappresenta una significativa novità. Una delle agenti coinvolte ha dichiarato di considerare il proprio incarico «un dovere verso Dio»[31].
Il 15 marzo 2023, Lina Mukherjee, nota influencer indonesiana, è stata denunciata per blasfemia dopo aver recitato una preghiera islamica mentre mangiava carne di maiale a Bali. Processata nel settembre dello stesso anno, è stata condannata a due anni di reclusione e a una multa di 16.000 dollari, circa quattro volte il salario medio annuo in Indonesia. Secondo i documenti del tribunale, è stata riconosciuta colpevole di «aver diffuso informazioni volte a incitare all’odio verso persone e gruppi religiosi specifici»[32].
Nel corso del 2023, la provincia di Aceh ha introdotto nuove norme che vietano a uomini e donne non sposati o non imparentati di sedere insieme in spazi pubblici o sui mezzi di trasporto, con l’obiettivo dichiarato di contenere comportamenti ritenuti «peccaminosi». Il sindaco di Banda Aceh ha inoltre emesso un’ordinanza che proibisce alle donne di trovarsi in luoghi pubblici dopo le 23:00[33]. Nell’aprile 2024, due coppie sono state condannate a 20 frustate ciascuna per presunti rapporti sessuali extraconiugali[34], mentre sei uomini sono stati puniti con frustate pubbliche per aver partecipato a giochi d’azzardo online. Le autorità locali hanno ribadito l’intenzione di far rispettare tali regolamenti mediante il dispiegamento della polizia religiosa[35].
Nel febbraio 2025, due uomini sono stati pubblicamente frustati con 77 e 80 colpi rispettivamente, dopo essere stati sorpresi dalla popolazione con il sospetto di una relazione omosessuale. Considerato che le unioni tra persone dello stesso sesso non sono riconosciute in Indonesia, la nuova normativa che penalizza i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio comporta, di fatto, la criminalizzazione dell’omosessualità[36].
L’applicazione delle leggi sulla blasfemia e delle restrizioni alla libertà di espressione continua a favorire la maggioranza musulmana, spesso a scapito di altre tradizioni religiose, tra cui il Cristianesimo. Apollinaris Darmawan, settantaquattrenne convertito dall’Islam al Cattolicesimo, è stato arrestato per blasfemia dopo la pubblicazione di un libro critico nei confronti della legge islamica e dei leader religiosi musulmani[37]. È stato rilasciato nel luglio 2025, dopo oltre quattro anni di detenzione[38].
L’applicazione delle leggi resta tuttavia incoerente. Nel febbraio 2023, Wawan Kurniawan ha fatto irruzione nella Chiesa Cristiana Tabernacle of David nella provincia di Lampung, interrompendo il culto e minacciando i presenti. Inizialmente accusato di blasfemia, reato punibile con una pena fino a cinque anni di reclusione, è stato infine condannato per semplice intrusione e sanzionato con una multa di circa 30 dollari[39].
Nel settembre 2024, Papa Francesco ha dato inizio al suo viaggio pastorale nel Sud-Est asiatico con una visita ufficiale in Indonesia. Durante l’incontro con il presidente uscente Joko Widodo, il Pontefice ha riaffermato l’impegno della Chiesa cattolica per il dialogo interreligioso, definendolo «indispensabile per affrontare sfide comuni, tra cui il contrasto all’estremismo e all’intolleranza». Il Papa ha inoltre esortato il Paese a onorare il principio costituzionale di «armonia nella diversità»[40].
Nel mese successivo, due cristiani sono stati arrestati per presunta blasfemia in seguito a dichiarazioni pubblicate online. Rudi Simamora, fiorista di Sumatra Settentrionale, avrebbe affermato che i messaggi del profeta Maometto erano di «origine umana e non divina». Muchtar Nababan è invece stato arrestato per aver sostenuto che i cristiani fossero «protetti dalla magia nera dei musulmani»[41].
Altre comunità religiose, in particolare gli sciiti e gli ahmadi, continuano a subire forme persistenti di discriminazione e pressione. Nel dicembre 2024, il governo della provincia di Giava Occidentale ha vietato, su pressione di ambienti islamisti radicali, il raduno annuale della comunità ahmadi nel distretto di Kuningan. Il divieto ha lasciato circa 6.000 fedeli bloccati in una stazione ferroviaria. Henrek Lokra, Segretario Esecutivo per la Giustizia e la Pace dell’Unione delle Chiese Indonesiane, ha condannato la decisione, affermando che tali raduni rappresentano «un’espressione della libertà religiosa garantita dalla legge»[42].
Nel suo rapporto 2024, il Setara Institute, un’organizzazione indonesiana per la democrazia e i diritti umani, ha documentato un deterioramento della libertà religiosa, coincidente con la conclusione del mandato del presidente Joko Widodo e l’insediamento del suo successore, Prabowo Subianto. Il rapporto ha registrato 260 episodi e 402 violazioni della libertà religiosa, in aumento rispetto ai 217 episodi e 329 violazioni del 2023. Di queste, 159 sono state attribuite ad attori statali, 243 ad attori non statali. Il peggioramento è stato in parte associato alle tensioni politiche legate alle elezioni del 2024. Tra i problemi più rilevanti figurano l’aumento dell’intolleranza, l’impennata dei casi di blasfemia (42, rispetto ai 15 dell’anno precedente) e le continue restrizioni all’edificazione dei luoghi di culto. Il nuovo governo non ha ancora affrontato le cause strutturali alla base di tali fenomeni[43].
Tra marzo e luglio 2024, numerosi episodi nella provincia di Banten hanno evidenziato una crescente intolleranza nei confronti del culto cristiano. Il 17 marzo, alcuni residenti musulmani del villaggio di Saga Bunar hanno protestato contro una funzione religiosa cristiana celebrata all’interno di un’abitazione privata. Al termine del culto, un gruppo ha esercitato pressioni sul pastore Kinerinda affinché firmasse una dichiarazione in cui si impegnava a non tenere ulteriori momenti di preghiera nella sua abitazione, affermando di farlo «senza alcuna coercizione» — formula frequentemente utilizzata per ostacolare eventuali azioni legali. La polizia ha disperso la folla e ha trasmesso il caso alle autorità locali. Un rappresentante del Setara Institute ha ricordato che, secondo il Decreto Ministeriale Congiunto del 2006, il culto privato domestico è consentito e i permessi sono richiesti solo per edifici religiosi costruiti appositamente a tale scopo[44].
Il 21 luglio 2024 è circolato un video che mostrava una folla — composta in prevalenza da uomini in abiti tradizionali musulmani — mentre interrompeva un culto cristiano tenuto in una casa in affitto a Teluk Naga, sempre nella provincia di Banten. I presenti, sostenendo che l’area fosse a maggioranza musulmana, hanno schernito i fedeli e sostenuto che il culto potesse svolgersi unicamente in chiese ufficialmente registrate. Le autorità locali hanno successivamente espresso rammarico per l’accaduto, offrendo alla Chiesa di Tessalonica una sede provvisoria. L’episodio evidenzia l’uso strumentale e restrittivo del Decreto del 2006, applicato in modo arbitrario anche agli spazi privati o in affitto[45].
Nell’ottobre 2024, il nuovo governo guidato dal presidente Prabowo Subianto ha annunciato una nuova fase del programma di trasmigrazione verso la Papua Occidentale, una provincia a maggioranza cristiana. Fin dagli anni ’70, vari governi indonesiani hanno promosso il trasferimento di popolazioni, per lo più musulmane, da aree densamente popolate come Giava alle regioni orientali dell’arcipelago. Tali politiche hanno provocato nel tempo lo spostamento forzato di numerose comunità cristiane, a seguito dell’arrivo di circa 20 milioni di migranti e dei loro discendenti.
L’11 novembre 2024, il Consiglio delle Chiese della Papua ha rivolto un appello al Presidente affinché annullasse il programma di trasmigrazione, definendolo un tentativo deliberato di distruggere la cultura papuana.
Prospettive per la libertà religiosa
Le prospettive per la libertà religiosa in Indonesia rimangono estremamente fragili. Sebbene il quadro costituzionale garantisca formalmente la libertà di religione o di credo, persistono forme strutturali di discriminazione, livelli crescenti di intolleranza sociale e l’applicazione sistematica di leggi repressive — in particolare quelle sulla blasfemia — che evidenziano un preoccupante deterioramento. L’amministrazione di Joko Widodo si è conclusa in un clima di stagnazione, mentre i primi mesi del mandato del presidente Prabowo Subianto non hanno ancora mostrato segnali concreti di impegno verso riforme significative.
Nel 2024, le violazioni documentate sono salite a 402 episodi, rispetto ai 329 del 2023, con un marcato incremento delle azioni giudiziarie per blasfemia. Gli attacchi contro le chiese domestiche cristiane nella provincia di Banten e il divieto del raduno annuale degli ahmadi in Giava Occidentale confermano la vulnerabilità delle minoranze religiose. Preoccupazione desta anche l’imminente entrata in vigore dell’articolo 302 del nuovo codice penale, che criminalizza l’istigazione pubblica all’apostasia. A causa della sua formulazione vaga, la norma rischia di essere utilizzata in modo arbitrario per colpire opinioni e pratiche religiose non conformi.
In assenza di riforme legislative e di una maggiore responsabilità a tutti i livelli istituzionali, l’Indonesia rischia di erodere progressivamente le sue fondamenta pluralistiche. Alla luce dei recenti sviluppi, il Paese dovrebbe rimanere sotto stretta osservazione.
Fonti