NIGERIA
Quadro giuridico relativo alla libertà religiosa ed effettiva applicazione
La Nigeria è il Paese più popoloso dell’Africa, con oltre 227 milioni di abitanti. Possiede una delle principali economie del continente e figura tra i maggiori produttori di petrolio[1]. Il sistema di governo è una repubblica federale parlamentare, composta da 36 Stati federati e da un Territorio della Capitale Federale con sede ad Abuja.
La Costituzione del 1999[2] vieta al governo federale e a quelli statali di adottare una religione come religione ufficiale dello Stato (articolo 10) e promuove la tolleranza religiosa come parte dell’etica nazionale (articolo 23). Essa proibisce ogni forma di discriminazione basata sull’appartenenza religiosa (articoli 15, paragrafo 2. e 42, paragrafo 1) e impone ai partiti politici di accettare l’adesione di ogni cittadino nigeriano, a prescindere dalla religione (articolo 222.b), e di non adottare nomi, simboli o loghi a connotazione religiosa (articolo 222.e).
L’articolo 38 (paragrafo 1) garantisce a ogni persona la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, inclusa la libertà di cambiare religione o credo, nonché quella di manifestare e diffondere la propria religione, individualmente o in comunità, in pubblico o in privato, attraverso il culto, l’insegnamento, la pratica e l’osservanza. L’articolo 38, paragrafo 2, stabilisce che nessuno, frequentando un’istituzione scolastica, può essere obbligato a partecipare ad attività religiose non appartenenti alla propria fede o non approvate dal genitore o tutore. La stessa garanzia si applica a cerimonie e osservanze religiose. L’articolo 38, paragrafo 3, riconosce inoltre alle comunità religiose il diritto di impartire insegnamenti religiosi agli studenti della propria confessione negli istituti scolastici di loro esclusiva gestione. Tuttavia, l’articolo 38, paragrafo 4, precisa che tali diritti non includono la possibilità di costituire o aderire a società segrete.
Per favorire l’integrazione nazionale, l’articolo 15 (paragrafi 3.c e 3.d) affida allo Stato il compito di incoraggiare i matrimoni interreligiosi e la costituzione di associazioni che superino le divisioni religiose. Per ridurre le tensioni interreligiose, alcuni Stati — tra cui Kano, Borno, Niger, Katsina e Kaduna — hanno introdotto regolamenti che impongono ai predicatori l’obbligo di ottenere una licenza per predicare[3].
La religione riveste un ruolo centrale nella vita della maggioranza dei nigeriani[4]. L’attuale Presidente, Bola Ahmed Tinubu, e la moglie Oluremi Tinubu rappresentano un esempio significativo di matrimonio interreligioso: sposati dal 1987, lui è musulmano, mentre lei è un pastore ordinato della Redeemed Christian Church of God (Chiesa Cristiana Redenta di Dio)[5].
La Nigeria adotta un sistema giuridico misto che combina il diritto inglese, la common law, il diritto consuetudinario e, in diversi Stati, la legge islamica (shari‘a)[6]. Nelle regioni settentrionali, la Costituzione riconosce l’applicazione di un Codice penale basato sulla shari‘a — in particolare secondo la scuola giuridica malikita — mentre nel sud del Paese vige un Codice penale ispirato al Codice Penale del Queensland del 1899, introdotto dalle autorità coloniali britanniche[7] [8]. Questo assetto duale, con il codice penale laico nel sud e quello islamico nel nord, continua a modellare profondamente l’ordinamento normativo nigeriano.
Ai sensi dell’articolo 275, paragrafo 1 della Costituzione, ogni Stato federato ha facoltà di istituire una Corte d’appello della shari‘a, mentre l’articolo 260, paragrafo 1 prevede la creazione di una Corte d’appello della shari‘a anche per il Territorio della Capitale Federale (FCT) di Abuja. Tra il 1999 e il 2000, dodici Stati del nord hanno ufficialmente introdotto la shari‘a nei rispettivi ordinamenti. La decisione ha suscitato reazioni contrastanti: accolta con favore da molti musulmani, è stata respinta con preoccupazione dalle comunità cristiane. I disordini che ne sono seguiti hanno causato migliaia di vittime tra fedeli di entrambe le religioni[9]. Come ha osservato il vescovo cattolico di Sokoto, monsignor Matthew Hassan Kukah, «la maggior parte dei musulmani nel nord della Nigeria continua a ripetere i sentimenti del vecchio califfato (1804-1903), che considera il Cristianesimo una religione straniera legata al colonialismo»[10].
Nel febbraio 2024, è stato istituito un comitato per la revisione della Costituzione, composto da rappresentanti dei 36 Stati federati. Il Presidente del Senato, Godswill Akpabio, ha annunciato la formazione del comitato, affidandone la presidenza al Vicepresidente del Senato, Barau Jibrin, e designando un totale di 45 membri[11]. In parallelo, il Comitato per la revisione costituzionale della Camera dei Rappresentanti ha lanciato un invito alla presentazione di memorie, sollecitando la popolazione a proporre modifiche su vari temi, tra cui: la riforma delle forze di polizia e dell’architettura della sicurezza, il gettito fiscale, il federalismo fiscale e la distribuzione delle risorse, la riforma del sistema giudiziario ed elettorale, il ruolo delle istituzioni tradizionali, le questioni di genere, la creazione di nuovi Stati e l’accesso alle attività minerarie da parte degli Stati federati[12].
Nell’ottobre 2024, la Camera dei Rappresentanti ha respinto un disegno di legge volto a estendere l’ambito di applicazione della shari‘a nella Costituzione del 1999. Presentata da Aliyu Misau, rappresentante della circoscrizione federale di Misau/Dambam nello Stato di Bauchi, la proposta intendeva modificare gli articoli 24, 262, 277 e 288 eliminando il termine “personale” dall’espressione “legge islamica personale”. I promotori dell’iniziativa sostenevano che tale formulazione limitasse l’applicazione della Shari‘a a questioni private, escludendola da settori come il diritto commerciale e internazionale. I detrattori, al contrario, hanno ribadito che il termine fosse stato introdotto deliberatamente per circoscrivere l’ambito religioso alla sfera individuale, in coerenza con il carattere laico dello Stato nigeriano[13].
Nell’ottobre 2024, il direttore del Dipartimento per la Promozione della Salute presso il Ministero Federale della Salute ha avviato una revisione di alcune disposizioni del Codice penale, finalizzata ad ampliare l’accesso all’«interruzione sicura di gravidanza». Il 25 ottobre 2024, il Segretario Generale del Segretariato Cattolico della Nigeria (Catholic Secretariat of Nigeria – CSN) ha espresso una ferma condanna dell’iniziativa, definendola la conferma di timori già sollevati in occasione di precedenti tentativi del governo di introdurre «ideologie secolariste postmoderne che minano in modo significativo le convinzioni culturali, morali e religiose dei cittadini nigeriani». Il CSN ha inoltre dichiarato che la proposta rappresenta una minaccia per il «valore e la dignità della persona umana» e viola «le disposizioni costituzionali che prescrivono la protezione assoluta e il rispetto della vita umana e della sua dignità intrinseca»[14].
Nel dicembre 2024, un post virale sulla piattaforma “X” (ex Twitter) ha suggerito l’imminente inaugurazione, nel gennaio 2025, di una corte della shari‘a nella città di Oyo, situata nel sud-ovest della Nigeria. La notizia ha suscitato ampio dibattito a livello nazionale. Successivamente, i promotori dell’iniziativa hanno precisato che l’intento non era quello di istituire un tribunale ufficiale, bensì un collegio arbitrale ispirato alla shari‘a, destinato a fornire mediazione religiosa a musulmani praticanti. Alla luce delle polemiche, l’inaugurazione è stata rinviata a data da definire[15].
A quasi venticinque anni dall’introduzione della shari‘a in dodici Stati settentrionali, la situazione si è progressivamente deteriorata: etnia e religione sono state sempre più strumentalizzate per ottenere potere, risorse e privilegi[16]. Nella maggior parte di questi Stati, le disposizioni in materia di blasfemia sono presenti sia nei codici penali statali sia nella normativa islamica.
L’applicazione delle pene previste dalla shari‘a include trattamenti qualificabili come crudeli, inumani e degradanti — tra cui amputazioni, flagellazioni[17] e, in alcuni casi, la pena capitale[18] — in contrasto con gli obblighi internazionali assunti dalla Nigeria[19]. Inoltre, la hisbah (polizia religiosa) impone restrizioni di tipo morale e sociale, tra cui: il sequestro e la distruzione di bevande alcoliche[20], la chiusura di locali dedicati al consumo di shisha, ispezioni non autorizzate in alberghi, divieti relativi a tagli di capelli ritenuti “alla moda”, l’interdizione di mangiare in pubblico durante il Ramadan[21] (anche in aree non a maggioranza islamica), lo scioglimento di «raduni immorali» e l’arresto di persone accusate di violare la shari‘a[22].
Sebbene l’articolo 214, paragrafo 1, della Costituzione stabilisca che «nessun’altra forza di polizia, oltre alla Polizia Federale Nigeriana, può essere istituita per la Federazione o per qualsiasi sua parte», la hisbah gode di riconoscimento legale[23] negli Stati di Kano, Zamfara, Yobe e Sokoto, sollevando preoccupazioni in merito alla sua legittimità costituzionale e alla tutela dei diritti fondamentali[24].
I cristiani residenti nel nord della Nigeria denunciano una discriminazione sistemica e profondamente radicata, che si manifesta in diverse forme: esclusione politica, limitate opportunità di accesso all’impiego pubblico, divieto per gli uomini cristiani di contrarre matrimonio con donne musulmane, impossibilità di impartire insegnamento religioso cristiano nelle scuole pubbliche, imposizione dell’hijab (velo islamico femminile) a tutte le studentesse, indipendentemente dalla fede professata. A ciò si aggiungono l’esclusione degli studenti cristiani dai programmi statali di borse di studio, la discriminazione nei confronti dei laureati cristiani nell’accesso al mercato del lavoro, il divieto per le Chiese di acquistare terreni e la negazione di permessi edilizi per la costruzione o ristrutturazione di edifici di culto. Particolarmente allarmante è l’esposizione di donne e ragazze cristiane al rischio di rapimenti, conversioni e matrimoni forzati[25].
In netto contrasto, nel sud-ovest del Paese — dove una significativa componente musulmana convive all’interno di una popolazione a maggioranza cristiana — non si registrano episodi rilevanti di violenza motivata da ragioni religiose, e i rapporti interconfessionali sono generalmente improntati al rispetto reciproco[26].
Una questione ricorrente tra le comunità cristiane nigeriane riguarda la partecipazione del Paese all’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC), a fronte del suo assetto costituzionale formalmente laico e della consistente presenza cristiana, pari a circa il 50 percento della popolazione. La Nigeria è infatti divenuta membro a pieno titolo dell’OIC nel 1986, durante la presidenza di Ibrahim Babangida. Tra gli obiettivi dichiarati dell’organizzazione figurano la salvaguardia dei «simboli islamici e del patrimonio comune», la difesa dell’«universalità della religione islamica» e la «rivitalizzazione del ruolo pionieristico dell’Islam nel mondo»[27]. Nel 2022, la controversa decisione dell’amministrazione del Presidente Muhammadu Buhari di rafforzare i legami diplomatici con l’Iran ha ulteriormente alimentato le preoccupazioni di parte della popolazione cristiana[28].
Episodi rilevanti e sviluppi
Nel periodo di riferimento, la Nigeria ha conosciuto un’escalation di violenze su vasta scala, alimentata in gran parte da gruppi estremisti islamisti quali Boko Haram e la Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico (ISWAP). Sebbene sia complesso fornire dati precisi, i cristiani sono stati frequentemente oggetto di omicidi extragiudiziali, rapimenti e attacchi mirati da parte sia di milizie insurrezionali che di bande criminali armate.
Nonostante la matrice religiosa costituisca un fattore determinante nelle dinamiche violente del Paese, il conflitto si inserisce in un contesto più ampio, segnato da fattori socio-economici e strutturali: povertà diffusa, tensioni etniche e intercomunitarie, lotte per l’accesso alla terra e alle risorse idriche tra agricoltori sedentari e pastori fulani (in prevalenza musulmani), alti tassi di analfabetismo e disoccupazione giovanile, debolezza dello Stato e prolungata inattività delle istituzioni.
È altresì importante rilevare che, pur costituendo i cristiani il principale bersaglio della violenza di matrice estremista, anche la popolazione musulmana, residente per lo più negli Stati del nord, ha subito gravi conseguenze a causa delle attività dei gruppi terroristici.
A causa dell’elevato numero di violazioni della libertà religiosa registrate tra il gennaio 2023 e il dicembre 2024, questa sezione presenta solo una selezione di episodi e sviluppi rilevanti verificatisi nel periodo di riferimento.
Nel biennio considerato, l’agenda mediatica in Nigeria è stata dominata da una serie di attacchi estremamente violenti condotti da gruppi militanti islamisti, in particolare nelle regioni nord-orientale, nord-centrale e nella Middle Belt del Paese. Tra i principali responsabili figurano Boko Haram e la Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico (ISWAP).
Nel gennaio 2023, otto agricoltori sono stati rapiti e una persona è stata uccisa da Boko Haram nel villaggio di Makilwe, nello Stato di Borno[29].
Il 25 febbraio 2023 si sono svolte le elezioni presidenziali e parlamentari federali. Il candidato Bola Ahmed Tinubu ha vinto una competizione contestata, caratterizzata da un’affluenza alle urne estremamente bassa (25,7 percento)[30]. La missione di osservazione dell’Unione Europea ha criticato il processo elettorale per la mancanza di trasparenza e i ritardi nella pubblicazione dei risultati, affermando che le numerose irregolarità riscontrate il giorno delle elezioni «hanno gravemente compromesso la fiducia del pubblico»[31].
Tra il 29 maggio e il 23 giugno 2023, nello Stato di Plateau, almeno 1.100 cristiani — tra cui 20 pastori e sacerdoti — sono stati uccisi in una serie di attacchi coordinati da militanti Fulani e altri gruppi armati[32].
Il 10 agosto 2023, miliziani fulani hanno massacrato 21 persone, inclusi interi nuclei familiari, nei villaggi di Batin e Rayogot, nel distretto di Heipang (Stato di Plateau), durante un’incursione notturna. Nonostante fossero stati allertati in anticipo, i soldati nigeriani stanziati nella zona non sono intervenuti, sollevando accuse di complicità nei confronti dell’esercito[33].
Il 12 settembre 2023, pastori fulani e altri soggetti armati hanno ucciso dieci cristiani nel villaggio di Kulben, sempre nello Stato di Plateau[34].
Nel mese di ottobre 2023, miliziani di Boko Haram hanno assassinato 17 persone nello Stato di Yobe. Successivamente, hanno fatto esplodere una mina che ha causato la morte di altre 20 persone sopraggiunte per partecipare al funerale delle vittime. Le autorità locali non sono riuscite a fornire un bilancio definitivo delle vittime[35].
Tra il 21 e il 30 ottobre 2023, nella contea di Gwer West (Stato di Benue), dodici persone sono state uccise e tredici donne sono state violentate. La Foundation for Justice, Development and Peace, missione cattolica con sede a Makurdi (capoluogo dello Stato), ha riferito che almeno 153 persone sono state uccise nello Stato di Benue da militanti tra il 4 maggio e il 18 ottobre 2023. Padre Cletus Bua, parroco della chiesa di San Francesco Saverio ad Agagbe, ha dichiarato che i fulani avrebbero preso il controllo di otto circoscrizioni della contea, e che i terroristi «talvolta violentano le donne e poi le rilasciano, ma nella maggior parte dei casi le violentano e poi le uccidono»[36].
Sempre nell’ottobre 2023, ad Abuja — capitale federale — due agenti di polizia sono stati uccisi durante un attacco del Movimento Islamico della Nigeria (IMN), organizzazione sciita bandita nel Paese e considerata vicina all’Iran. In risposta, lo sheikh Sidi Sokoto ha accusato la polizia di aver interrotto con la forza il pellegrinaggio simbolico sciita dell’Arba‘een, causando morti e feriti tra i partecipanti[37].
A partire dal 23 dicembre 2023, nell’arco di otto giorni, centinaia di militanti — tra cui mercenari provenienti da Niger, Ciad e Camerun, nonché miliziani fulani — hanno condotto una campagna coordinata di attacchi contro villaggi a maggioranza cristiana nello Stato di Plateau. Sono stati uccisi almeno 295 civili, inclusi numerosi cristiani[38]. Amnesty International Nigeria ha confermato la morte di 140 persone nelle aree di Bokkos e Barkin-Ladi, prevalentemente cristiane, durante gli attacchi avvenuti la vigilia di Natale del 2023[39]. In una dichiarazione dell’8 febbraio 2025, il Parlamento europeo ha «condannato con fermezza gli atti di violenza durante il periodo natalizio, che hanno preso di mira cristiani e altre comunità, provocando un numero senza precedenti di morti, feriti e sfollati, ed espresso solidarietà alle persone colpite»[40].
All’inizio del 2024, si è registrata una nuova ondata di attacchi contro villaggi a maggioranza cristiana, con centinaia di persone costrette a fuggire dai distretti di Bungha. Numerosi insediamenti, tra cui Washna, Kombili e Changal, sono stati successivamente occupati da coloni fulani impegnati in attività agricole e minerarie[41].
Nel marzo 2024, miliziani di Boko Haram hanno rapito decine di sfollati — prevalentemente donne — ospitati in un campo a Gamboru Ngala, dove si erano rifugiati in seguito a precedenti attacchi di gruppi armati. Le stime sul numero delle persone rapite variano da 113 a oltre 200[42].
Nell’ottobre 2024, la marina nigeriana ha arrestato 13 militanti fulani ritenuti responsabili di numerosi attacchi nello Stato di Nasarawa. Secondo fonti ufficiali, si trattava della quinta incursione in quattro mesi da parte di milizie fulani nella stessa area[43].
Nel novembre 2024, monsignor Wilfred Chikpa Anagbe vescovo, della diocesi cattolica di Makurdi, ha lanciato un appello urgente in risposta all’escalation della violenza nello Stato di Benue, che ha portato alla chiusura forzata di 15 parrocchie nella sua diocesi. Il vescovo ha riferito che anche le diocesi di Otukpo e Katsina-Ala stavano progressivamente sospendendo le proprie attività a causa del crescente numero di omicidi e rapimenti[44].
Nel dicembre 2024, un’ondata di violenza ha colpito le comunità cristiane nella regione centrale della Nigeria (Middle Belt), in particolare durante il periodo natalizio. Fonti ecclesiastiche locali hanno riferito ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che l’attacco più grave è avvenuto ad Anwase, nello Stato di Benue, il giorno di Natale: almeno 47 persone, inclusi diversi bambini, sono state uccise, e tutte e otto le cappelle della parrocchia di Santa Maria, insieme a scuole, cliniche e abitazioni, sono state date alle fiamme. Il parroco e il suo assistente sono sopravvissuti nascondendosi nella boscaglia per oltre 24 ore prima di essere soccorsi. Episodi simili sono stati segnalati anche nella diocesi di Makurdi e nello Stato di Plateau. Nonostante i numerosi appelli della Chiesa cattolica, le autorità nigeriane non hanno ancora garantito una protezione adeguata né adottato misure efficaci per contenere la persistente violenza terroristica e intercomunitaria[45].
In Nigeria, gli interessi dei pastori fulani sono rappresentati principalmente da due organizzazioni: la Miyetti Allah Cattle Breeders Association e la Miyetti Allah Kautal Hore. Entrambe, guidate da figure di spicco dell’élite dell’allevamento bovino, sono state accusate di giustificare o legittimare gli atti di violenza, pur respingendo ufficialmente ogni responsabilità[46]. Secondo numerosi osservatori, l’obiettivo delle milizie fulani non sarebbe tanto il pascolo del bestiame quanto l’appropriazione sistematica delle terre e lo sfollamento forzato delle comunità cristiane dalle proprie terre ancestrali[47]. Alcuni analisti sostengono che questi gruppi agiscano con il sostegno diretto o l’ispirazione ideologica[48] di organizzazioni jihadiste come Boko Haram, ISWAP e il Fronte di Liberazione Macina (affiliato ad al-Qaeda in Mali). Combattenti provenienti da Mali e Paesi confinanti riuscirebbero a penetrare in Nigeria grazie alla porosità delle frontiere e all’appoggio di reti simpatizzanti attive nella regione[49].
Durante il periodo di riferimento, per la prima volta, sospetti militanti fulani hanno preso di mira un’istituzione educativa cristiana, segnando una pericolosa escalation nella violenza nella regione centrale della Nigeria (Middle Belt). Nella notte del 7 maggio 2024, uomini armati hanno attaccato la Father Angus Frazer Memorial High School, nello Stato di Makurdi, mentre gli studenti dormivano nei dormitori. Grazie al pronto intervento del personale scolastico, tutti gli alunni sono stati evacuati in sicurezza. Questo inedito attacco a una scuola cristiana ha accresciuto i timori che gli istituti educativi possano diventare nuovi bersagli della violenza in corso contro le comunità cristiane[50].
L’assalto è avvenuto a poche settimane dal decimo anniversario del rapimento di 276 studentesse — in gran parte cristiane — dalla Scuola Secondaria Statale Femminile di Chibok (Stato del Borno), da parte di Boko Haram. A distanza di oltre dieci anni, più di 90 di queste ragazze risultano ancora disperse. Un recente rapporto dell’UNICEF ha evidenziato un aumento allarmante di episodi simili: nell’ultimo decennio, 1.680 bambini sono stati rapiti da scuole nigeriane, mentre 180 studenti e 14 membri del personale scolastico sono stati uccisi in attacchi mirati contro strutture educative[51].
La Nigeria continua ad affrontare molteplici sfide legate alla sicurezza, che compromettono la stabilità nazionale e destabilizzano ampie aree del nord. La storica insurrezione islamista guidata da Boko Haram ha provocato lo sfollamento di decine di migliaia di persone nel nord-est. Intorno allo Stato del Borno — al confine con Camerun, Ciad e Niger — gruppi jihadisti rivali, sorti da scissioni interne a Boko Haram, si contendono attualmente il controllo del territorio[52].
Secondo il Global Terrorism Index 2025, sebbene nel 2024 il numero di attacchi terroristici in Nigeria sia diminuito del 37 percento, i decessi dovuti al terrorismo sono aumentati del sei percento, raggiungendo quota 565: il dato più alto dal 2020. Questo incremento — che non include gli attacchi compiuti da milizie fulani, poiché non classificati come atti di terrorismo — è attribuito in gran parte al conflitto tra ISWAP e Boko Haram, responsabili insieme di quasi il 60 percento delle vittime legate al terrorismo[53]. I civili sono risultati i più colpiti, rappresentando il 62 percento delle vittime, rispetto al 21 percento dell’anno precedente. Per la prima volta dal 2019, Boko Haram ha superato l’ISWAP come gruppo terroristico più letale del Paese, causando 175 morti nel 2024 — un aumento del 18 percento — nonostante abbia condotto un numero inferiore di attacchi rispetto al 2023[54].
Il 28 giugno 2022, il Presidente irlandese Michael D. Higgins ha condannato un atto di violenza dichiarando: «Che un attacco simile sia avvenuto in un luogo di culto è motivo di particolare condanna, come lo è qualsiasi tentativo di fare dei popoli pastorali i capri espiatori, quando sono tra le principali vittime delle conseguenze del cambiamento climatico»[55]. La teoria secondo cui gli attacchi contro le comunità cristiane sarebbero da attribuire principalmente agli effetti del cambiamento climatico — in particolare alla competizione per le risorse idriche e i pascoli — è stata parzialmente respinta dalla Chiesa locale. In un’intervista ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), padre Remigius Ihyula, responsabile della Foundation for Justice, Development and Peace della diocesi di Makurdi (Stato di Benue), ha sottolineato che le condizioni ambientali, da sole, non giustificano la portata delle violenze. Secondo Ihyula, questi attacchi rientrano in una strategia deliberata da parte di gruppi terroristici che strumentalizzano i pastori come strumenti per provocare lo sfollamento forzato delle popolazioni locali[56].
Nel giugno 2023, Usman Buda, macellaio presso il mattatoio di Sokoto, nel nord del Paese, è stato lapidato a morte da altri lavoratori dopo presunte affermazioni blasfeme sul profeta Maometto. Padre di sei figli, Buda avrebbe dichiarato di condividere le opinioni dello sheikh Abdul Azeez, noto studioso musulmano dello Stato di Bauchi. Secondo Amnesty International, la discussione che ha portato al linciaggio era in realtà legata a rivalità commerciali e non a motivi religiosi. L’organizzazione ha condannato l’omicidio, accusando le autorità nigeriane di aver creato «un ambiente permissivo alla brutalità». Gli Stati Uniti hanno invitato la Nigeria ad abrogare le leggi sulla blasfemia[57].
Numerosi episodi di violenza sono stati registrati anche contro donne accusate di stregoneria. Il 18 giugno 2023, Martina Okey Itagbor è stata sospettata di aver causato, tramite presunti poteri magici, la morte di due giovani in un incidente motociclistico. Una folla l’ha aggredita, lapidata e poi bruciata viva sul ciglio della strada[58].
Mubarak Bala, ex musulmano e ateo, era stato condannato nel febbraio 2022 da un tribunale di Kano per blasfemia, dopo essersi dichiarato colpevole. Nel gennaio 2025, è stato rilasciato dopo aver scontato quattro anni di detenzione[59].
Nel febbraio 2025, una delegazione di Hamas ha visitato la Nigeria. Un’intervista televisiva con Ghazi Hamad, alto dirigente del movimento, trasmessa da una rete nazionale, ha suscitato forti critiche in patria e all’estero, dopo che Hamad ha giustificato gli attacchi del 7 ottobre contro Israele come ritorsione per le azioni israeliane a Gaza[60].
Il 13 giugno 2025, militanti armati hanno compiuto un massacro su larga scala, uccidendo circa 200 cristiani nello Stato di Benue. Le vittime, già sfollate a causa di precedenti violenze, si trovavano in alloggi temporanei nella piazza del mercato di Yelawata, nei pressi di Makurdi. Gli assalitori — che, secondo testimoni, gridavano «Allahu Akhbar» — hanno dato fuoco alle entrate degli alloggi e aperto il fuoco indiscriminatamente contro la folla. La polizia avrebbe impedito agli aggressori di prendere d’assalto la chiesa di San Giuseppe, dove circa 700 sfollati avevano trovato rifugio. I militanti si sono quindi diretti verso l’area del mercato, dove oltre 500 persone dormivano all’aperto, aprendo nuovamente il fuoco[61].
Anche i sacerdoti cattolici e i religiosi nel nord della Nigeria sono oggetto di rapimenti e aggressioni mirati. Padre Thomas Oyode, nello Stato di Edo, nel sud della Nigeria, è stato rapito nell’ottobre 2024 ed è stato rilasciato dopo undici giorni di prigionia. Padre Emmanuel Azubuike è stato rapito il 5 novembre 2024 nello Stato di Imo, e padre Christian Uchegbu è stato rapito il giorno seguente mentre rientrava da Port Harcourt, nella regione del Delta del Niger[62]. Complessivamente, 25 sacerdoti e seminaristi sono stati rapiti in Nigeria nel 2023, e 12 sacerdoti e religiosi nel 2024, tutti successivamente rilasciati. Altri tre sacerdoti, rapiti negli anni precedenti, risultano ancora dispersi, senza conferma né del loro rilascio né della loro morte. Tra questi vi sono padre John Bako Shekwolo (2019), padre Joseph Igweagu (2022) e padre Christopher Ogide (2022)[63]. La situazione è ulteriormente peggiorata nel 2025, con 12 religiosi rapiti solo nel primo trimestre dell’anno. Tra questi, padre Sylvester Okechukwu e il seminarista Andrew Peter sono stati uccisi dai loro rapitori. Sebbene alcuni attacchi contro il clero siano motivati da sentimenti anticristiani, molti rapimenti sono opera di gruppi criminali attivi nel diffuso sistema di estorsione tramite riscatto. In questi casi, le figure religiose non sono prese di mira specificamente per la loro fede, ma perché considerate vulnerabili e potenzialmente redditizie[64].
Una notizia incoraggiante è giunta nell’agosto 2023, quando un tribunale nel nord della Nigeria ha emesso un ordine di protezione per una ragazza musulmana di 18 anni convertitasi al Cristianesimo. La sua famiglia aveva minacciato di ucciderla per aver abbandonato l’Islam[65].
I giornalisti in Nigeria continuano a essere esposti a minacce e violenze. La Media Rights Agenda (MRA), un’organizzazione che documenta le violenze contro i giornalisti nel Paese, ha segnalato che le forze di sicurezza rappresentano una grave minaccia per la libertà di stampa. Tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2024, le forze di sicurezza — inclusi polizia, esercito e intelligence — sono state responsabili di 45 dei 69 attacchi registrati contro i giornalisti. I rapporti documentano vari tipi di aggressione, tra cui rapimenti, detenzioni e persino pestaggi[66]. Il 15 marzo 2024, Segun Olatuji, direttore del quotidiano First News, è stato arrestato dall’Agenzia di Intelligence della Difesa. È stato successivamente rilasciato[67] .
Prospettive per la libertà religiosa
Durante il periodo di riferimento, sono stati documentati innumerevoli attacchi in Nigeria in cui l’appartenenza religiosa delle vittime ha avuto un ruolo determinante o contribuito in maniera significativa alla violenza. L’identità religiosa — in particolare quella cristiana negli Stati del nord — rappresenta un fattore cruciale di vulnerabilità, esponendo cristiani (e musulmani moderati) a persecuzioni, violenze e sfollamenti. Sebbene i gruppi terroristici colpiscano tutte le comunità, numerosi esperti osservano che i cristiani risultano colpiti in modo sproporzionato rispetto ai musulmani, proprio a causa della loro fede[68].
Inoltre, i cristiani che riescono a fuggire dalle violenze e raggiungono i campi per sfollati interni (IDP) devono affrontare ulteriori forme di discriminazione e trascuratezza da parte delle autorità e dei responsabili dei campi. In alcuni casi, ad esempio, le cosiddette “carte bianche” — necessarie per accedere agli aiuti umanitari — sono state deliberatamente negate ai cristiani nello Stato di Borno. In altri casi ancora, le carte originariamente destinate ai cristiani sono state assegnate a musulmani[69] .
Nella Middle Belt, area a maggioranza cristiana, la comunità cristiana è particolarmente colpita da episodi di estrema violenza. I cristiani sono stati vittime di uccisioni, stupri e rapimenti da parte di gruppi armati, spesso identificati come miliziani fulani. Le loro terre ancestrali sono state occupate o distrutte da pastori estremisti, lasciando milioni di persone senza casa, senza mezzi di sostentamento e costrette a vivere nei campi per sfollati, senza accesso a servizi sanitari o all’istruzione.
La frequenza e la brutalità degli attacchi contro i villaggi cristiani hanno spinto alcuni osservatori a concludere che tali azioni facciano parte di una strategia deliberata di conquista territoriale, volta a espellere le comunità cristiane e a favorire un processo di islamizzazione della regione [70].
La libertà religiosa in Nigeria risulta gravemente compromessa, sia per effetto di misure legali discriminatorie adottate in alcuni Stati settentrionali, sia a causa delle diffuse e sistematiche violazioni perpetrate su tutto il territorio nazionale. In tale contesto, è profondamente scoraggiante rilevare che le prospettive per la libertà religiosa nella nazione più popolosa dell’Africa restano gravemente compromesse.
Fonti